Corriere di Verona

I dipendenti in piazza: «Serve programmaz­ione per tornare a lavorare»

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(m.s.) «Non siamo qui per entrare nel merito degli eventi di agosto, tre mesi di carte su carte sul “problema” dei tremila o mille spettatori… Il punto è che non si può fare cassa con gli ammortizza­tori sociali». Così, i sindacati, ieri, di fronte a Palazzo Barbieri insieme a un’ottantina dei circa 230 lavoratori della Fondazione Arena che chiedono di «poter tornare a lavorare da lunedì anziché a fine giugno e con un programma lungimiran­te». Per Slc/Cgil, Fistel, Uil e Fials/Cisal, il punto è che «a oggi non c’è una programmaz­ione invernale confermata per il Filarmonic­o» e che «le nostre proposte, come quella di suonare nelle piazze o nei cortili, visto il bisogno di eventi della città, non sono mai state ascoltate». In cassa integrazio­ne da metà marzo, i lavoratori della Fondazione protestano perché «il Fus è pensato per fare attività e peraltro nel 2020 Fondazione incasserà oltre 22.5 milioni di euro di contributi. Con questi numeri si potrebbe riprendere subito. Si sono dimenticat­i dell’indotto che creiamo per la città?». Racconta Antonino Sabbaci, artista del coro: «Sto vivendo con 900 euro al mese cioè meno della metà di prima, mi aiutano i familiari, con le bollette sei costretto a ritardare, ci si sta dentro per un pelo». Ecco Luca Pozza, orchestral­e dal 1982: «Sono passato da 2.200 a 800 euro e ho chiesto la sospension­e del mutuo». Così Norma Pallaroni, orchestral­e, violoncell­ista: «Da precaria, solo stagione estiva, sto basando tutto sull’altro lavoro, insegnante di pilates». Così Sonia Bianchetti, artista del coro: «Con tre figli e il mutuo devo risparmiar­e. Ci hanno promesso che il Filarmonic­o riparte a fine ottobre ma non ci fidiamo. Senza una programmaz­ione è la fine». Tra i cartelli: «Invece di fare le 4 Stagioni in Arena fatene una seria al Filarmonic­o», «Ve la cantate e suonate da soli», «La Fondazione sono i lavoratori», «State defraudand­o il più grande patrimonio della città».

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