Corriere di Verona

«Nella vita c’è posto per tutti»

Il calcio e la Virtus, dove è arrivato quando aveva 8 anni fino a diventarne presidente e allenatore, con mamma Rina segretaria. La tesi di laurea sugli zingari, l’impegno sociale e l’accoglienz­a dei profughi

- Lorenzo Fabiano (96.continua)

Al villaggio gallico assediato dalle legioni imperiali di Roma, il grande capo Abraracour­cix aveva un solo timore: che il cielo gli cadesse un giorno sulla testa. Al Gavagnin, Gigi Fresco non teme nemmeno quello. La sua Virtus è un territorio libero dove il calcio profuma ancora di antichi sapori fatti in casa, come le tagliatell­e al ragù della signora Rina, la mamma che gli fa da segretaria. Vulcanico e carismatic­o, Gigi per tutti, giocatori compresi, dal 1982 allenatore e presidente, un caso unico nei salotti del calcio profession­istico che fa notizia pure all’estero. Lui batte i record di longevità, si coccola la sua creatura tra i profession­isti in serie C e sogna in grande: «Il mio motto è “Nessuna carovana ha mai raggiunto il suo miraggio, ma solo i miraggi hanno messo in moto le carovane”. Il prossimo anno festeggiam­o il centenario, prima o poi mi piacerebbe arrivare in serie B» confessa. Quest’anno dopo una vittoria gli abbiamo visto gli occhi lucidi: «Ora andiamo in trasferta a Padova, Vicenza e Trieste, bellissimo. Ma io ricordo bene gli anni in cui si partiva la mattina per andare a giocare tra le nebbie di Villa Bartolomea. Non dobbiamo mai dimenticar­e chi siamo, sarebbe la nostra fine». Gigi Fresco il comandante visionario, l’Erasmo da Borgo Venezia che al campo ci va a piedi canticchia­ndo Samarcanda di Roberto Vecchioni. L’avversario più ostico? La dieta con cui fa a cazzotti, ma almeno ci prova e in tempi di forzata sosta pare pure funzionare.

Classe 1962, Gigi nasce a Rovereto dove il padre carabinier­e, che Rina l’ha conosciuta a Badia Calavena, presta servizio. L’approdo a Borgo Venezia nel 1966, le scuole in via Betteloni e un bel diploma di Ragioneria al Pasoli; ragazzo di quartiere, fa combriccol­a al Bar Giardino in Piazza in Libero Vinco, jeans e capelli lunghi gli danno un’aria fricchetto­na, roba da chitarre e “volemose bene” intorno al fuoco a ragionare sul mondo che verrà: «Ascoltavo i cantautori e la musica country, su tutti John Denver e Simon & Garfunkel». Nutre un amore viscerale per il calcio: «Me lo ha trasmesso mio cugino interista; d’altronde gli anni da bambino li ho trascorsi nel mito della Grande Inter. Alla Virtus entrai che avevo 8 anni, ho giocato da stopper fino a 18». Allenatore dei pulcini nel 1976, consiglier­e nel 1979, responsabi­le giovanile nel 1980: l’apice dell’ascesa due anni dopo quando gli affidano la prima squadra e alle elezioni lo eleggono pure presidente». Il doppio ruolo non gli pesa: «Se va male, esonero il direttore sportivo…» sorride. Il corso di allenatore a Coverciano con l’amico Roby Baggio: «Guidava lui con la musica di Bruce Springstee­n»; laurea in Pedagogia nel 1987, lo studio non lo ha mai mollato: «Tesi sull’antropolog­ia degli zingari: li abbiamo aiutati quando nessuno li voleva; a darci una manella no veniva Giorgio Bertani che poi si fermava con noi a cena a casa di mia madre. Giorgio è morto con la mia tesi tra le mani». Alla Virtus l’impegno sociale è da sempre un tasto forte: «Come dice Vasco Rossi, “Sto sempre dalla parte di chi ha avuto una brutta giornata”. Abbiamo assistito i tossicodip­endenti, giocato partite nelle carceri, dato accoglienz­a ai profughi in arrivo dall’Albania e dalla guerra in Bosnia: cinque anni fa la prefettura ci ha chiesto di seguire i rifugiati che volevano fare sport: Sheikh Sibi è arrivato dal Gambia, oggi è uno dei nostri tre portieri della prima squadra in serie C».

Gli sarebbe piaciuto insegnare, «Ma sarebbe stato incompatib­ile con il mio impegno Virtus» spiega; così a scuola lavora alla scrivania delle medie a Lavagno, dove è direttore amministra­tivo: «Il primo impiego a Sanguinett­o, oltre trent’anni fa; lavorare nel mondo della scuola mi piace molto, è una cosa che sento un po’ mia».

Sveglia la mattina presto, la colazione con mamma Rina, poi la giornata scorre tra Lavagno e il Gavagnin. Il giovedì sera è un rito: «Con staff e giocatori stiamo a cena insieme al Ranch Rocce Rosse, una tradizione iniziata quarant’anni fa quando ci ritrovavam­o nel garage di Zamberlan, allora nostro portiere, e mia mamma e le altre signore facevano il risotto. È un modo di allenarsi a stare in gruppo, come i viaggi che facciamo dal 1988». Due mandati in circoscriz­ione tra il 1998 e il 2007, l’esperienza politica se l’è messa alle spalle, ma non ha smesso di sognare un mondo diverso: «Dare dignità agli ultimi, ma perché mai te la devi prendere con chi è più debole di te? Nella vita c’è posto per tutti». Lo diceva anche Abraracour­cix.

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«Tipi veronesi» è una proposta domenicale del Corriere di Verona che intende raccontare, attraverso la storia di personaggi più o meno famosi, l’evolversi della nostra città. Uno sguardo al passato rivolto al futuro affidato alla penna del nostro collaborat­ore Lorenzo Fabiano. Per eventuali segnalazio­ni scrivere a corrieredi­verona@corriereve­neto. it o lorenzo.fabiano@me.com
Il pallone e la solidariet­à Gigi Fresco ha fatto della Virtus non solo un piccolo miracolo calcistico ma anche di accoglienz­a «Tipi veronesi» è una proposta domenicale del Corriere di Verona che intende raccontare, attraverso la storia di personaggi più o meno famosi, l’evolversi della nostra città. Uno sguardo al passato rivolto al futuro affidato alla penna del nostro collaborat­ore Lorenzo Fabiano. Per eventuali segnalazio­ni scrivere a corrieredi­verona@corriereve­neto. it o lorenzo.fabiano@me.com

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