Batterio killer, pronti gli ispettori del Ministero
Barbaglio: indagini su casi e responsabilità. E c’è il secondo esposto: «Ecco tutte le colpe dell’ospedale»
VERONA «Il Ministero si riserva di inviare ispettori per verificare la situazione all’Ospedale della Donna e del Bambino di Verona». Risponde così al Corriere di Verona Sandra Zampa, sottosegretaria alla Salute: «Abbiamo chiesto una relazione dettagliata alla Regione, dopo averla analizzata verrà deciso se intraprendere iniziative». E il governatore Luca Zaia: capire i collegamenti con altri ospedali.
VERONA «I sospetti che stanno emergendo sono gravi e pesanti, a questo punto è nostro compito fare chiarezza su tutto». Batterio killer all’Ospedale della Donna e del Bambino: il procuratore Angela Barbaglio annuncia così l’apertura ufficiale della seconda inchiesta sugli almeno 12 casi, di cui 2 mortali - queste la cifre confermate finora dall’Azienda ospedaliera - di neonati che hanno contratto il Citrobacter a Borgo Trento dal 2018.
Il nuovo fascicolo d’indagine segue a quello aperto lo scorso novembre dal pm Marcello Maresca a Genova, dove la piccola Nina si è spenta all’ospedale Gaslini dopo aver contratto il Citrobacter nel reparto di Terapia intensiva neonatale di Borgo Trento il 21 aprile 2019, dieci giorni dopo essere venuta alla luce «settimina». Ieri mattina la mamma della bimba, Francesca
«Verità e giustizia Nelle 14 pagine firmate da Francesca Frezza si parla di «enormi carenze igieniche»
Angela Barbaglio Partiremo sollecitando gli atti da Genova e sentendo l’autrice della denuncia
Frezza, con il fratello nonché suo avvocato Matteo Frezza, ha depositato il suo secondo esposto-denuncia, dopo il primo presentato alla Procura del capoluogo ligure, per «chiedere verità e giustizia alla magistratura veronese, su cui ripongo la mia totale fiducia». Nell’atto di 14 pagine, si punta il dito su quelle che vengono definite «tutte le gravissime colpe dell’ospedale» durante i tre mesi da aprile a luglio 2019 - in cui Nina è rimasta a Borgo Trento prima che la mamma decidesse di «portarla di forza al Gaslini per salvare la mia bambina dall’accanimento terapeutico e permetterle almeno un fine vita dignitoso e con meno dolore». Nel nuovo esposto si denunciano «l’assoluta carenza, se non addirittura mancanza, di misure igienico sanitarie, la cui inadeguatezza ha causato l’insorgenza e la diffusione del Citrobacter»; «il percorso di cure non condiviso»; «l’intervento alla testa a cui volevano a tutti i costi sottoporre mia figlia per stabilizzarla, ridurla a un vegetale e liberare un posto in Terapia intensiva».
Mamma Francesca ricorda ancora «le parole esatte usate dai medici: se non trattiamo chirurgicamente l’idrocefalo, mi dicevano, sua figlia diventerà un mostro e la sua testa diventerà più grande del corpo». Alla magistratura scaligera, inoltre, si chiede di indagare sulla «terapia del dolore che hanno negato a mia figlia nonostante le mie insistenze: le davano solo Tachipirina, invece al Gaslini dopo 20 minuti le hanno subito somministrato della morfina per alleviare le terribili sofferenze che stava patendo». E poi si denuncia la «mancata chiusura delle Terapie intensive neonatale e pediatrica all’emergere dei primi casi di Citrobacter, che risalgono addirittura al 2018. Soltanto alle 14.30 di venerdì scorso - denuncia Francesca -, giorno in cui ho reso pubblici gli esiti dell’autopsia su Nina e mi sono personalmente piazzata davanti alle porte dei reparti coinvolti, l’Azienda ospedaliera si è finalmente decisa a chiudere. Ma andava fatto prima, mesi prima, anni prima».
Su quest’ultimo aspetto vuole «vederci particolarmente chiaro» anche il procuratore scaligero: «Dobbiamo accertare tutto, perché la decisione di chiudere i reparti non significa automaticamente che ci siano state delle colpe. È compito della magistratura stabilirlo - spiega la dottoressa Barbaglio -. Per questo le nostre indagini, che seguirò personalmente vista la gravità della vicenda, si focalizzeranno innanzitutto sui casi di infezione, bisogna capire quanti e quali siano. Inoltre andranno fatte verifiche sul batterio, sulla sua origine e diffusività. E poi - aggiunge il capo della Procura di Verona - dobbiamo stabilire se ci sia stata o meno la consapevolezza della presenza del batterio. Se sì, perché i reparti interessati non sono stati chiusi prima?». Non solo: «Da parte nostra, si tratta anche di capire quali misure igienico sanitarie fossero applicate e cosa sia stato fatto per debellare questo batterio». Il procuratore ha già deciso le prime mosse: «Solleciteremo gli atti dai colleghi di Genova, da cui non ci sono ancora pervenuti, e sentiremo l’autrice dell’esposto appena depositato». Mamma Francesca è «già pronta: ai magistrati racconterò tutto, per filo e per e segno».