CHI SIAMO DOPO IL LOCKDOWN
Fase 2 e mezzo dopo la clausura, sospesa fra euforia di ritrovata libertà, depressione, paura del futuro. Accettato dai più, volenti o nolenti, il protocollo comportamentale dei prossimi mesi (distanza dal prossimo, mascherine nei luoghi chiusi e non solo, intenzione di applicare ai telefonini dei congegni che permettano di individuare le possibilità di contagio, e via così), i reduci dal lockdown si possono, un po’ arbitrariamente, dividere in un paio di categorie principali. Da coloro (soprattutto i ragazzi) che convinti di essere ormai arrivati all’agognato “liberi tutti”, rimuovono i pericoli per sé e per gli altri, a coloro (specie i ragazzi del secolo scorso) che, persuasi che il virus potrebbe resuscitare, stentano a riprendere la vita di prima.
Ma al di là degli estremi si riscontrano varie reazioni. Dopo la quarantena, affrontata dapprima con coraggio, disciplina e creatività, e alla fine con insofferenza palese, alcuni si son ritrovati incapaci di tornare subito ai comportamenti pre-coronavirus, tendendo a riprodurre il confinamento (forse per inconscio bisogno di essere ancora eterodiretti). E confusamente depressi.
Si vedono invecchiati, più brutti e grassi, grazie ai dolciumi ingurgitati per compensazione, stanchi e privi di energie. Dominati da paure, ipocondriache o reali, e dal pensiero della morte, spesso rimosso in precedenza. Nell’ambito della coppia, al di là di violenze verbali e fisiche fino al femminicidio (11 in 11 settimane!), o all’induzione al suicidio, crimine vigliacco di chi non se ne prende neppure la responsabilità, anche in coppie abbastanza solide si è verificata maggior litigiosità. A sentire il parere di non pochi legali, si son registrate parecchie richieste di divorzio, qui in Veneto, in altre regioni e anche in altre parti del mondo, com’è avvenuto in Cina dove le case piccole non consentivano, fra l’altro, pause d’isolamento. Alcune amicizie (ma forse non erano tali) sono naufragate senza spiegazione, mentre son riemerse vecchie conoscenze che si credevano perdute. Lo sconforto ha indotto a consultare degli psicologi, o in mancanza di quattrini e in presenza di fede religiosa, dei sacerdoti. Al limite a far ricorso a rimedi farmaceutici. Sorgono incubi notturni, fantasie di amori nuovi e ricerca di relazioni in chat.
Per fortuna non mancano i resilienti, ma la storia del virus non è finita. Intanto si prospettano le vacanze estive, che per molti saranno brevi e non lontane da casa, ma spesso in luoghi affascinanti che incrementeranno il turismo. Per chi resta in città, si riapriranno cinema e teatri, ci saranno serate in pizzeria con gli amici rimasti, e per i solitari letture, musiche e altre attività ricreative. Tutto serve, tutto scorre, come dicevano gli antichi. Anche se una ferita nell’anima resterà in molti di noi. È stata un’avventura inattesa e terribile. Unica. Ci segnerà per sempre.