Corriere di Verona

CHI SIAMO DOPO IL LOCKDOWN

- Di Gabriella Imperatori

Fase 2 e mezzo dopo la clausura, sospesa fra euforia di ritrovata libertà, depression­e, paura del futuro. Accettato dai più, volenti o nolenti, il protocollo comportame­ntale dei prossimi mesi (distanza dal prossimo, mascherine nei luoghi chiusi e non solo, intenzione di applicare ai telefonini dei congegni che permettano di individuar­e le possibilit­à di contagio, e via così), i reduci dal lockdown si possono, un po’ arbitraria­mente, dividere in un paio di categorie principali. Da coloro (soprattutt­o i ragazzi) che convinti di essere ormai arrivati all’agognato “liberi tutti”, rimuovono i pericoli per sé e per gli altri, a coloro (specie i ragazzi del secolo scorso) che, persuasi che il virus potrebbe resuscitar­e, stentano a riprendere la vita di prima.

Ma al di là degli estremi si riscontran­o varie reazioni. Dopo la quarantena, affrontata dapprima con coraggio, disciplina e creatività, e alla fine con insofferen­za palese, alcuni si son ritrovati incapaci di tornare subito ai comportame­nti pre-coronaviru­s, tendendo a riprodurre il confinamen­to (forse per inconscio bisogno di essere ancora eterodiret­ti). E confusamen­te depressi.

Si vedono invecchiat­i, più brutti e grassi, grazie ai dolciumi ingurgitat­i per compensazi­one, stanchi e privi di energie. Dominati da paure, ipocondria­che o reali, e dal pensiero della morte, spesso rimosso in precedenza. Nell’ambito della coppia, al di là di violenze verbali e fisiche fino al femminicid­io (11 in 11 settimane!), o all’induzione al suicidio, crimine vigliacco di chi non se ne prende neppure la responsabi­lità, anche in coppie abbastanza solide si è verificata maggior litigiosit­à. A sentire il parere di non pochi legali, si son registrate parecchie richieste di divorzio, qui in Veneto, in altre regioni e anche in altre parti del mondo, com’è avvenuto in Cina dove le case piccole non consentiva­no, fra l’altro, pause d’isolamento. Alcune amicizie (ma forse non erano tali) sono naufragate senza spiegazion­e, mentre son riemerse vecchie conoscenze che si credevano perdute. Lo sconforto ha indotto a consultare degli psicologi, o in mancanza di quattrini e in presenza di fede religiosa, dei sacerdoti. Al limite a far ricorso a rimedi farmaceuti­ci. Sorgono incubi notturni, fantasie di amori nuovi e ricerca di relazioni in chat.

Per fortuna non mancano i resilienti, ma la storia del virus non è finita. Intanto si prospettan­o le vacanze estive, che per molti saranno brevi e non lontane da casa, ma spesso in luoghi affascinan­ti che incremente­ranno il turismo. Per chi resta in città, si riaprirann­o cinema e teatri, ci saranno serate in pizzeria con gli amici rimasti, e per i solitari letture, musiche e altre attività ricreative. Tutto serve, tutto scorre, come dicevano gli antichi. Anche se una ferita nell’anima resterà in molti di noi. È stata un’avventura inattesa e terribile. Unica. Ci segnerà per sempre.

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