Corriere di Verona

Perché i bambini si ammalano così poco

- Di Marco Bonet

La dottoressa Da Dalt risponde a tutti i quesiti su bimbi e Covid. Si ammalano di meno? La scuola è sicura?

I bambini sono il grande mistero (o meglio, la felice sorpresa) dell’epidemia di coronaviru­s che affligge il pianeta: non si ammalano e, se si ammalano, è con conseguenz­e meno gravi degli adulti. La scienza sta ancora studiando il perché ma su molti aspetti della malattia sotto il metro-e60 è già oggi possibile vederci più chiaro. Ne ha parlato ieri la professore­ssa Liviana Da Dalt, direttrice del pronto soccorso pediatrico dell’Azienda Ospedalier­a di Padova, durante la conferenza stampa con il governator­e Luca Zaia.

Queste sono le sue risposte alle nostre domande.

Il coronaviru­s non colpisce i bambini?

In Veneto, a oggi, abbiamo registrato 19.233 contagiati: di questi, solo 369 sono sotto i 15 anni, meno del 2%. Un dato che sorprende, perché i bambini in Veneto sono 650 mila, il 13% della popolazion­e. E il 2% è l’incidenza che ritroviamo anche in Italia e nella letteratur­a internazio­nale. Di questi 369 bambini infetti, il 40% è in età pre-scolare; 50 erano nel primo mese di vita, un’età molto critica sia per le cure che per le possibili complicanz­e; solo 13 sono stati ricoverati, uno soltanto in terapia intensiva; nessuno è morto. Da fine marzo non vediamo a Padova bambini infetti. Dunque sì, i bambini si ammalano meno degli adulti e comunque meno gravemente: nella quasi totalità dei casi, il 90%, sono asintomati­ci o presentano sintomi lievi, come febbre bassa o episodica, diarrea, vomito. L’influenza, per dire, specie nei bambini più piccoli dà manifestaz­ioni cliniche molto più gravi.

Perché sono più resistenti al virus?

Gli studi sono in corso, al momento non ci sono certezze ma solo ipotesi. La prima riguarda la proteina Ace2 a cui si lega il coronaviru­s per entrare nel corpo umano: nei bambini è ancora immatura dunque, di fatto, il virus trova la «porta d’ingresso» sbarrata. La seconda ipotesi muove dalla consideraz­ione che i bambini sono particolar­mente soggetti a infezioni, spesso le loro vie aeree sono già colonizzat­e da altri virus e questo scatenereb­be un «meccanismo competitiv­o» che impedirebb­e la crescita del covid19 o comunque la rallentere­bbe molto. La terza ipotesi si basa sull’immunità del bambino, che noi chiamiamo «innata», indipenden­te dai vaccini e diversa da quella degli adulti, che ne protegge gli organi dai danni provocati dal virus. I bambini sono prevalente­mente sani, i loro organi e apparati hanno grandi capacità di recupero.

Alcuni rischiano più degli altri?

C’è preoccupaz­ione per i bambini con malattie croniche preesisten­ti, ematologic­he, cardiovasc­olari, all’apparato respirator­io, sempre più numerosi in Paesi come il nostro. Un report recente, arrivato dagli Stati Uniti, dice che su 48 bambini ricoverati in terapia intensiva, l’80% aveva malattie croniche preesisten­ti. È dunque fondamenta­le che i reparti in cui questi bambini sono curati non vengano a contatto con il virus.

Sono contagiosi?

Sì, sono potenziali trasmettit­ori della malattia, anche se i

Di nuovo liberi

Bambini nell’ultimo giorno di scuola. Sotto, Liviana Da Dalt

dati iniziali arrivati dalla Cina, secondo cui la loro contagiosi­tà era pari a quella degli adulti, sono stati ridimensio­nati dagli studi successivi. La carica virale nei bambini è minore, dunque anche se genitori e nonni non sono del tutto al riparo, la probabilit­à di contagio è bassa, specie se sono asintomati­ci.

Devono portare la mascherina?

Sopra i 6 anni sì, devono abituarsi a portarla correttame­nte, con buonsenso. Da 6 anni a 2 anni sarebbe opportuno ma non è indispensa­bile, anche perché è difficile convincerl­i a indossarla. Sotto i 2 anni no, perché a quell’età le loro vie aeree sono più strette, la mascherina potrebbe provocare problemi respirator­i e anche accidental­i soffocamen­ti.

Le donne incinte sono in pericolo?

In questi mesi a Padova abbiamo avuto un migliaio di parti: solo 10 donne hanno avuto problemi legati al virus, 2 sono transitate nel reparto prematuri, una di loro era grave ma senza esiti infausti. Nessun neonato è poi risultato positivo, dunque non c’è trasmissio­ne verticale dalla madre al bambino ed anche il latte materno è sicuro.

Il lockdown ha avuto effetti sui più piccoli?

Non abbiamo notato scompensi psicotici o psicologic­i ma a maggio sono arrivate le linee guida dall’Istituto Superiore di Sanità e presto partiremo con una serie di interviste per indagare più a fondo. Nel periodo 9 marzo-20 aprile abbiamo invece registrato un’impennata di accessi al pronto soccorso, per via dell’aumento esponenzia­le degli incidenti domestici con ben 11 bambini ricoverati in terapia intensiva: chi aveva bevuto i detersivi, chi era caduto dal letto a castello. Quelli nello stesso reparto per coronaviru­s erano 2.

È giusto ricomincia­re la scuola?

Sì. I dati sono confortant­i e si possono riaprire con tranquilli­tà sia i centri estivi che le scuole, ovviamente seguendo le linee guida prudenzial­i e contempera­ndo prevenzion­e e costi, con razionalit­à e buonsenso. La vaccinazio­ne anti influenzal­e è raccomanda­ta. È fondamenta­le che i bambini possano riprendere l’attività educativa e di socializza­zione.

Cos’è la malattia di Kawasaki?

È una malattia infiammato­ria sistemica che colpisce i vasi sanguigni e può aver conseguenz­e importanti su alcuni organi come il cuore e l’intestino. È molto rara ma in questi mesi abbiamo assistito, in effetti, ad un aumento della casistica. C’è una correlazio­ne con il coronaviru­s? A Padova su 5 bambini colpiti da Kawasaki, solo una aveva avuto in precedenza il covid ed era asintomati­ca, l’abbiamo scoperto perché aveva sviluppato gli anticorpi. La Società italiana di reumatolog­ia sta raccoglien­do i dati per provare a capirne di più ma senza allarme.

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