Città e Regione bocciano il bilancio del Porto «Rischio commissario»
VENEZIA Il primo «avvertimento» era arrivato l’anno scorso, quando il bilancio dell’Autorità di sistema portuale di Venezia era passato in comitato di gestione il giorno prima della scadenza del 30 aprile, con il solo voto del presidente Pino Musolino, l’astensione di Fabrizio Giri (rappresentante della Città metropolitana di Venezia) e l’assenza giustificata di Maria Rosaria Campitelli (Regione Veneto). Già allora il motivo era la contrarietà all’accordo sul terminal di Fusina, ai cui titolari (il gruppo Mantovani) venivano concessi più soldi e più anni di gestione (vedi articolo sotto). Ieri, un anno dopo, la «bomba» è deflagrata in maniera ancor più violenta: Giri e Campitelli hanno infatti votato contro il bilancio consuntivo 2019 dell’ente e ora il presidente Pino Musolino è a rischio commissariamento. Il termine, per motivi di Covid, è stato infatti prorogato al 30 giugno, cioè fra 11 giorni, dopo di che potrebbe intervenire il ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli. E c’è già chi, tra i papabili, fa il nome di Zeno D’Agostino, «appiedato» dalla guida del porto di Trieste dall’Anac.
Musolino, nel primo pomeriggio, è un fiume in piena, stretto tra due stati d’animo: da un lato la serenità, dall’altro la rabbia. «Io commissariato? Non credo che ci siano i presupposti - spiega - Il bilancio è in ordine, con 26,2 milioni di euro di avanzo e un utile di 10 milioni e mezzo, ed è stato promosso sia dai revisori dei conti, nominati dai ministeri di Economia e Infrastrutture, che dall’organismo di partenariato, che raduna tutti gli operatori portuali. In questi anni abbiamo quasi dimezzato i 133 milioni di debiti che avevo trovato, pur con 200 milioni di investimenti». Però resta il problema della scadenza stretta. «Quel termine non è perentorio e comunque io l’ho rispettato, presentando il bilancio 12 giorni prima - continua il presidente - Ritengo che nella dichiarazione di voto degli altri due membri, che peraltro è esattamente identica, non ci siano quelle “adeguate motivazioni” per la bocciatura previste dalla legge». Musolino già ieri ha informato il ministero di quanto successo e farà lo stesso con il Parlamento; poi preannuncia che chiederà un incontro sia al sindaco metropolitano Luigi Brugnaro, che al governatore del Veneto Luca Zaia. «Spero sia stato solo un errore di comunicazione», afferma.
Poi a prevalere è la rabbia. «E’ una situazione che ha dell’incredibile, è irrazionale sbotta - Mi contestano la “carenza di analiticità” del resoconto, ma ho mandato tutto dieci giorni fa. Quanto a Fusina, il comitato ha approvato l’accordo lo scorso 20 gennaio». Anche se, a dirla tutta, quel giorno Giri votò contro e Campitelli non c’era. Ma a far arrabbiare Musolino sono soprattutto le conseguenze che la mancata approvazione avrà su un paio di operazioni postCovid, legate al decreto «Rilancia Italia»: la riduzione dei canoni per le imprese e soprattutto l’integrazione del reddito per i lavoratori portuali «a chiamata». «Se non ho il via libera all’avanzo non posso usarlo - sbotta Musolino - Avevamo messo a disposizione due milioni di euro per 160 lavoratori, 100 mila al mese che avrei dato da subito. Non si scherza con la vita delle persone, soprattutto in questo momento di crisi». In sala ci sono anche Davide Divari e Massimo Naccari, presidenti delle compagnie di lavoratori portuali di Venezia e Chioggia. «Tra dieci giorni i nostri associati saranno senza stipendio dicono - Non si può perdere tempo in polemiche politiche». «Mandanti contro di me? Mi state sopravvalutando continua Musolino - Non posso nemmeno pensare a delle ripicche. E comunque se per mandare via me si distrugge il porto è come usare il napalm in giardino contro i mussatti».
Dal canto loro Zaia e Brugnaro si fanno da parte, con una dichiarazione fotocopia. «Campitelli è una brava professionista che ha votato secondo coscienza, se i bilanci stanno in piedi si votano, altrimenti no - dice il primo - Non c’è nessuna dietrologia. nessu
na regia, nessuna guerra contro nessuno». «Sono convinto che la decisione di Giri sia stata presa dopo una attenta analisi del bilancio e puntualmente motivata», incalza il secondo. Si scatena anche un profluvio di dichiarazioni politiche. «Una bocciatura che sa di mossa politica - dice il sottosegretario all’Economia e candidato sindaco del centrosinistra di Venezia, Pier Paolo Baretta - Così si bloccano 5 milioni per le imprese del territorio». «Un’azione scellerata che nega a Venezia importanti risorse», dicono i senatori Pd Andrea Ferrazzi e Vincenzo D’Arienzo, mentre il collega deputato Nicola Pellicani lo definisce «un fatto molto grave che blocca il Porto».«Il ministro ora decida sui risultati oggettivi, non sul piano politico», auspicano le deputate di Italia Viva Sara Moretto e Raffaella Paita. Sotto choc anche la comunità portuale. «Fuori la politica dai porti», twitta Confetra, mentre Federagenti sottolinea come 8 presidenti dei porti su 15 abbiano avuto problemi. «Venezia ha bisogno di scelte rapide su manutenzione dei canali, dragaggi, grandi navi - sottolinea il presidente di Assoagenti Veneto Alessandro Santi - La discontinuità nella governance potrebbe generare delle criticità».