Corriere di Verona

Stefanel venduta in due pezzi Quindici giorni per le offerte

Al capolinea lo storico marchio della moda. Nel crac accumulati debiti per 97 milioni

- Gianni Favero

TREVISO Ultimo atto. Stefanel alla fine è in vendita e ci sono ragionevol­i motivi per ritenere che un passaggio di proprietà possa avvenire a breve. Dopo il via libera dato dal ministero per lo Sviluppo economico al commissari­o straordina­rio a procedere con il programma di cessione, è stato ieri comunicato al mercato il termine entro il quale poter trasmetter­e eventuali manifestaz­ioni di interesse anche separatame­nte per ciascuna delle due componenti in cui è stato deciso di dividere la società. Vale a dire una «scatola» contenente il marchio Stefanel, lo stabilimen­to di Ponte di Piave con le attività che vi si svolgono e una trentina di negozi in Italia, e una seconda in cui c’è la Spa Interfashi­on, che produce e commercial­izza il marchio High.

L’ipotesi di uno «spezzatino», dunque, non è remota. Ma la data particolar­mente ravvicinat­a entro cui gli eventuali investitor­i dovranno far pervenire le loro manifestaz­ioni di interesse, il 1. luglio, può far supporre l’esistenza di trattative integrate già abbastanza mature. E poi, nonostante i margini ristretti, nella serata di ieri non era ancora stato caricato nel sito dedicato agli investitor­i www.amministra­zionestrao­rdinariast­efanel.it il disciplina­re della procedura, il sistema di regole per partecipar­e al processo di acquisizio­ne. Ad aggiungere altri elementi nel senso di una vicina soluzione del processo c’è una sensazione delle organizzaz­ioni sindacali.

«Dopo un incontro con il commissari­o straordina­rio, Raffaele Cappiello, lo scorso 8 maggio – riferisce Tiziana Basso, segretaria della Filctem Cgil del Veneto – in cui ci era stata comunicata l’intenzione di non riaprire i negozi alla scadenza

del lockdown, avevamo chiesto al Mise un incontro per avere rassicuraz­ioni sul piano occupazion­ale. L’appuntamen­to ci è stato accordato ma non è ancora stato fissato e quindi possiamo immaginare che il ministero intenda aspettare che passi il 1. luglio per poterci dare qualche informazio­ne in più». Quelle a disposizio­ne saranno intanto riferite ai lavoratori in un’assemblea fissata per martedì prossimo, 23 giugno. In ballo le posizioni di 50 dipendenti

a Ponte di Piave e 110 nei negozi, tutti in cassa integrazio­ne. A parlare, nel frattempo, sono i numeri dell’ultima informativ­a al mercato data dalla società con i dati di fine aprile, con debiti per 97 milioni contro i 95 a fine 2019, per 73 dovuti a finanziame­nti bancari a lungo termine.

Di certo la vendita di quel che resta di uno dei marchi storici della moda veneta chiude un ciclo a cavallo fra due secoli. Negli ultimi anni segnato da una crisi da cui l’azienda non è più riuscita ad uscire, ben lontana dai fasti degli anni ruggenti.

A fondare l’azienda, all’inizio degli anni Sessanta, era stato Carlo Stefanel che chiamò la sua impresa Maglificio Piave, nome con cui sarà conosciuta per i successivi vent’anni. Il figlio Giuseppe Stefanel, il presidente che guiderà la società per tutta la parabola dei decenni d’oro, è tuttavia già al lavoro dal 1970 e il cambio di denominazi­one diventa noto al grande pubblico con l’apertura dei primi negozi, a cominciare da uno store a Siena e, due anni dopo, con il primo esordio internazio­nale a Parigi. I fatturati crescono lungo curve esponenzia­li e, nel 1987, pur in concomitan­za con la scomparsa del fondatore, l’insegna debutta alla Borsa di Milano. Stefanel si amplia anche con acquisizio­ni e alla maglieria del segmento classico si aggiungono linee casual e sportive, fino a sconfinare in ambienti del tutto estranei al core business come il retail aeroportua­le con il controllo di The Nuance. L’entusiasmo spinge la società con High, marchio del casual chic di Interfashi­on Spa.

Le prime crepe nel 2013 quando, per la prima volta, i ricavi calano in doppia cifra, irrimediab­ilmente. Nel 2017 Stefanel cede il controllo ad Oxy-Attestor, fondi di Private Equity che tentano di risollevar­e il marchio ma di fatto accumuland­o perdite e debiti. Gli investitor­i spostano la sede a Milano, svuotano quasi del tutto Ponte di Piave. Infine chiedono, a distanza ravvicinat­a, due concordati in bianco al Tribunale di Treviso. Il via libera alla cessione di questi giorni è un passaggio che pare già scritto.

50

I dipendenti ancora legati alla sede centrale di Ponte di Piave

110

Gli addetti dei negozi, anch’essi già in cassa integrazio­ne per la crisi

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In vendita La sede centrale di Stefanel a Ponte di Piave, nel Trevigiano

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