Barbero: «La storia dell’arte trae linfa dalle immagini»
«Architettura interpretata attraverso l’inquadratura»
«I l tempo non esiste, la storia dell’arte è un flusso che trae la linfa dalla forza delle immagini». Il rapporto anticocontemporaneo è da sempre la linea-guida preferita e vera cifra curatoriale di Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, storico dell’arte, accademico e curatore di tante mostre per prestigiose istituzioni museali nel mondo. Per la riapertura di Palazzo Cini a San Vio a Venezia ha ideato un nuovo confronto tra due autori lontani tre secoli.
Palazzo Cini ha sempre puntato sul rapporto tra tradizione e contemporaneità, mettendo al centro delle esposizioni il dialogo tra le opere di arte antica della Collezione di Vittorio Cini con autori dei nostri giorni.
«Abbiamo usato lo straordinario capitale visivo che ci ha lasciato il Conte Cini per rivitalizzare la potenza dell’immagine. Palazzo Cini è una centrale della vitalità stereoscopica passato-presente, fuori da ogni tempo. Pensiamo alle mostre di Ettore Spalletti, Vik Muniz e Adrian Ghenie ospitate nella casa-museo: i lavori di questi artisti nascevano e traevano l’ispirazione dalle opere che avevano ammirato nel Palazzo. Questa volta, per festeggiare i 300 anni dalla nascita di Giambattista Piranesi, abbiamo accostato le vedute romane del grande incisore agli scatti di Gabriele Basilico . Sono corto circuiti per attivare lo sguardo del visitatore».
Cos’hanno in comune Piranesi e Basilico e in cosa sono diversi?
«Sono entrambi architetti, entrambi hanno reinventato la veduta, interpretando l’architettura attraverso l’inquadratura. Piranesi non restituisce le vestigia romane tout court, come una cartolina, ma è interessato a dare l’idea della struttura architettonica ad enfatizzare la dignità e magnificenza tutta romana, il nobile sentimento di grandezza dell’antichità. Basilico ha reinventato la fotografia di architettura, fino a lui solo documentaria, attraverso nuove
prospettive, raccontando la complessità urbana. Qui c’è anche la diversità tra i due artisti: Piranesi divulga le rovine in un Grand Tour che diventa attuale ma guardando alla memoria; Basilico presenta l’ineluttabilità dello spazio, eterna l’attimo».
Parliamo del concept dell’esposizione.
«Il progetto vive di due momenti. L’incipit è stato Palazzo Cini per le calli di Venezia, con le mura della città lagunare che per un mese hanno accolto, grazie all’affissione pubblica, il dialogo tra l’opera dell’incisore settecentesco e la fotografia contemporanea di Basilico. Un omaggio grafico ai pedoni – il tempo del passo
- come anteprima, per poi entrare con questa mostra nelle stanze private di Cini».
Nelle stanze spicca il flusso delle immagini, valorizzate dall’allestimento, pulito e mai barocco com’è nel suo stile curatoriale.
«In questa, come pure nelle rassegne precedenti a Palazzo, ho cercato di creare un allestimento che punteggiasse lo spazio e che approda nel calore della stanza del caminetto. Ogni mostra per me è un racconto costruito per il pubblico, che deve potersi muovere in punta di piedi entrando nell’intimo degli artisti».