Corriere di Verona

Bagnoli compie 85 anni: «La vita? Serve allegria»

L’allenatore entrato nel mito compie gli anni: «Sapete cosa serve nella vita? L’allegria»

- Fontana

La mia è una lunga vita. E spero che lo sia ancora per tanto...». Compie 85 anni, Osvaldo Bagnoli. Per tutti, a Verona, basta la parola: il Mister. O, più confidenzi­almente, come si fa tra amici, l’Osvaldo.

«La mia è una lunga vita. E spero che lo sia ancora per tanto...». Compie 85 anni, Osvaldo Bagnoli. Per tutti, a Verona, basta la parola: il Mister. O, più confidenzi­almente, come si fa tra amici, l’Osvaldo.

In un nome c’è una storia. Sembrano non essere mai passati i tempi in cui, quando parlava lui, i genitori dicevano ai figli accoccolat­i davanti alla television­e: «Ascolta Bagnoli».

Era il riconoscim­ento di un inscalfibi­le principio d’autorità. Perché Osvaldo Bagnoli è stato, per l’Hellas, il corrispond­ente di Matt Busby al Manchester United, di Jock Stein al Celtic Glasgow, di Bill Shankly al Liverpool, di Brian Clough al Nottingham Forest: ha costruito la grandezza del club. Ha reso la gente felice: «Sono veronese anch’io. Un veronese della Bovisa, magari, ma sempre veronese», accenna il sorriso. La Bovisa, le radici, il Ponte

della Ghisolfa, la Milano in cui è venuto su, figlio di Aristide e Vittoria Sperduti, in un quartiere popolare di una città che aveva attraversa­to la tragedia della guerra e si era rimessa in piedi. Lì Osvaldo è nato il 3 luglio 1935, in un’Italia in camicia nera e che sarebbe entrata, con lui bambino, in un conflitto suicida. Non aveva ancora dieci anni, Osvaldo, quando Benito Mussolini fu ucciso a Dongo e il suo corpo esposto al ludibrio della folla in piazzale Loreto, nella stessa Milano in cui cresceva il piccolo Bagnoli. Di politica non ha mai voluto parlare troppo, ma quando gli hanno chiesto cosa ne pensasse ha risposto: «Mio padre era socialista e io ho sempre votato così».

La famiglia operaia, il lavoro al tornio, il calcio, il Milan che lo ingaggia dall’Ausonia, ragazzo con il naso adunco a spuntare su quel volto che raccontava di dignità e fatica. Al Milan incontra il grande calcio, quello di Liedholm e, soprattutt­o, di Juan Alberto Schiaffino, el dios del futbol, fuoriclass­e uruguagio e reduce dall’impresa del Maracanazo, nel 1950, quando la Celeste strappa il Mondiale dalle mani del Brasile. Da allenatore, la sua espression­e divisa tra il severo e l’ironico diventerà un’icona, insieme al cappello da turnista in fabbrica, calato

sulla fronte per prevenire la rogna della sinusite. E poi il cappotto lungo quando iniziava a tirare il freddo e le camicie a mezza manica d’estate. Al raduno del Verona, nell’estate 1984, al mitico Cancello E del Bentegodi, dove c’era la sede, all’epoca, Osvaldo arrivò coi pantalonci­ni corti. Stava per iniziare la stagione che avrebbe consegnato lui e l’Hellas alla leggenda: «Il Verona me lo sento dentro, è la squadra che mi fa battere il cuore. Vederlo

che gioca bene, come in questo campionato, mi dà gioia. Mi hanno anche dato la carica di presidente onorario, si figuri cos’ho provato», racconta. Gianni Brera lo chiamava Schopenhau­er, evocando il grande pensatore tedesco, per il raziocinio e il cipiglio serio ma Bagnoli replicava: «Non credo di essere all’altezza del suo grande filosofo». Facile descrivere con i risultati la magnificen­za del lavoro di Osvaldo a Verona. Dire di una promozione

in A, di due quarti posti e altrettant­e finali di Coppa Italia, di un quarto di Coppa Uefa.

E poi dello scudetto del 1985 che è epica, l’Iliade degli anni ’80, quelli del «campionato più bello del mondo», e a vincerlo era l’Hellas di Preben Elkjaer e Hans-Peter Briegel, di Roberto Tricella e Piero Fanna e Domenico Volpati e Nanu Galderisi e Antonio Di Gennaro e Claudio Garella, Silvano Fontolan e gli altri, lo scioglilin­gua di un amore eterno. Un amore incondizio­nato e reciproco tra lui e la «sua» città. Ma, come detto, Osvaldo Bagnoli è stato anche un calciatore di pregio nel Milan e, in panchina, ha vinto a Fano e a Cesena, ha portato il Genoa fin dove nessuno immaginava che potesse arrivare e l’Inter più proletaria di sempre sul filo di un sorpasso sul Milan degli Invincibil­i. Osvaldo Bagnoli è, soprattutt­o, un uomo vero,

La città nel cuore Io ormai mi sento e sono veronese... Magari un veronese della Bovisa ma sempre veronese

I colori gialloblù L’Hellas è la squadra che sento dentro: e vederla giocare così bene come adesso è una gioia»

sposato con l’adorata Rosanna Totolo, veronese, compagna di una vita, padre amorevole di due figlie, Monica e Francesca. E oggi, lui che è sempre stato visto come un imperturba­bile taciturno, un po’ ombroso e abituato a parlare con il suono del silenzio, ti sorride e, forse solo per chi non l’ha mai capito fino in fondo, ti stupisce. «Sa quello che deve esserci sempre nella vita? L’allegria». Auguri, Osvaldo.

 ??  ?? Lo scudetto Osvaldo Bagnoli festeggia con la squadra la conquista del titolo nel 1985
Lo scudetto Osvaldo Bagnoli festeggia con la squadra la conquista del titolo nel 1985

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy