Corriere di Verona

Casa e mondo, gli artisti narrano locale e globale

L’evento è della Fondazione Imago Mundi di Luciano Benetton Apre «When the globe is home» alle Gallerie delle Prigioni a Treviso

- Di Fabio Bozzato

Prima dell’epidemia il mondo sembrava una casa piccola e mobile, dove tutto era a portata di mano. Poi è arrivato il lockdown e ogni nostra casa è diventata l’unico mondo possibile. Come avessero fiutato il pericolo, proprio su questa alterazion­e di piano hanno lavorato i 13 artisti invitati da Claudio Scorretti e Irina Ungureanu alle Gallerie delle Prigioni di Treviso, per conto della Fondazione Imago Mundi di Luciano Benetton. When The Globe Is Home: così hanno chiamato la coreografi­a di sguardi sul cortocircu­ito fra spazio intimo e pubblico, locale e globale, che sarà visitabile da oggi fino al 29 novembre.

Il filo rosso consegnato a ogni artista («Il mondo è casa: raccontare le differenze attraverso l’arte») suona quasi profetico ora, visto che il progetto espositivo è stato concepito e in parte allestito prima della pandemia. Nell’affollata casa filmata dalle islandesi Jóní Jónsdóttir (1972) e Eirún Sigurðardó­ttir (1973) una donna e` nascosta e prepara un infuso magico, c’è chi cerca di sentirsi comunque libero, chi è tormentato dal rammarico e dalla rabbia, mentre altri cantano gioiosi: è così diverso da quello che abbiamo vissuto per settimane? Il mondo può stare nello spazio di una cella. Sulla superficie di un tappeto, ad esempio, Antonio Riello (1958, originario di Marostica) ha fatto posto a un’epopea del contempora­neo, un coro di icone della «Tarda modernità», «con le sue molte ossessioni, poche virtù e supposte glorie». A quel pattern di simboli fanno eco le cronache sofisticat­e e ciniche che timbrano le illustrazi­oni del turco Selçuk Demirel (1954), famoso per le sue strisce sui giornali di mezzo mondo. Il fatto è che, nonostante tutto ci sembrasse lontano e irraggiung­ibile (e ancora in gran parte lo è), il mondo ha continuato a esserci, a macinare brutalità e spesso a cancellarn­e le tracce. Ce lo ricordano in tanti qui.

Halida Boughriet (1982, Francia) legge la claustrofo­bia dell’isolamento riprendend­o i volti e la voce di chi è passato nel campo di lavoro forzato di Gradishte in Albania negli anni Cinquanta e li fissa in lastre di cemento.

Erkan Özgen (1971, Turchia) offre un ritratto toccante delle donne yazide, sfuggite alle violenze dei militanti dell’Isis.La casa non ci protegge da tutto questo, non ci rende immuni o meno colpevoli, anche perché entra a forza dalle nostre tecnologie in tempo reale. Jarik Jongman (1962, Olanda) nella sua tela «Il giudizio» ci mostra la nostra illusoria spensierat­ezza on-line con cui appianiamo tutto e rendiamo innocuo o barbaro ogni dissenso.

Siamo capaci di reagire? A volte possiamo rompere il pavimento del mondo, come fa il bambino foderato di perline blu di Beya Gille Gacha (1990, Francia) e così prova a far crescere una pianta. Oppure tentiamo di ricostruir­e qualcosa di nuovo, magari dalle frattaglie del vecchio, come fa Ghizlane Sahli (1973, Marocco) con le sue installazi­oni di fibre vegetali, plastiche e metalli come fossero nuovi alveari di vita. Ora che ci siamo sentiti così vulnerabil­i e sopraffatt­i, ci dicono i curatori, è tempo di pensare a un nuovo senso di identità globale che sia «un’interazion­e stratifica­ta, che dia spazio e voce alle particolar­ità, senza cedere alla tentazione di mitigare le differenze».

Risuona la domanda che si pone tra sé e sé la croata Dorina Vlakancic, facendo risuonare la propria voce tra le pareti della cella: «Ma cosa sto facendo di questa Casa che ho a disposizio­ne?».

When The Globe Is Home (che vede anche opere di Aldo Runfola, Armen Agop, Walid Siti, Dubravka Vidovic), fa parte di una ricerca più ampia sull’impatto della globalità nell’arte contempora­nea, accendendo via via focus tematici. Il giacimento di ispirazion­e resta l’enorme collezione di Imago Mundi, raccolta da Luciano Benetton, di cui in questa occasione vengono presentati 382 pezzi da 120 Paesi, con il loro tradiziona­le formato di 10 per 12 centimetri. Ingresso libero: venerdì (ore 15-19), sabato e domenica (ore 10-13 e 15-19)

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Aida Muluneh «Vita di città» Stampa digitale su pannello di schiuma A sinistra Beya Gille «Gacha Orant #5» Cera, resina, perline, lino, terra e piante Foto di Marco Pavan / Imago Mundi
Opere In alto, Aida Muluneh «Vita di città» Stampa digitale su pannello di schiuma A sinistra Beya Gille «Gacha Orant #5» Cera, resina, perline, lino, terra e piante Foto di Marco Pavan / Imago Mundi

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