Corriere di Verona

NORDEST, FRONTIERA POST COVID

- di Luca Romano

In un recente intervento Dario Di Vico «Rovesciata a Nord Est» (in «L’economia» 1 Giugno) ha sostenuto una tesi meritevole di approfondi­mento: il Veneto, dopo la virtuosa gestione dell’emergenza sanitaria, con lo stesso approccio culturale, può essere anche il battistrad­a della ripartenza economica del Paese. Gli Stati Generali e il Report Colao hanno aggiunto qualche pennellata a un quadro vieppiù disordinat­o, in cui sarà bene che il Veneto riesca a tessere un filo proprio anche in termini di obiettivi da negoziare con Roma e via Roma con Bruxelles. Non tutto tornerà come prima. Ma ci sono alcune «regolarità» del nostro modello di sviluppo che si prestano molto bene per affrontare lo strappo epocale avvenuto nello scenario. Primo, la flessibili­tà, che appare termine riduttivo, meglio forse resilienza operosa. L’economia hard di grande scala è rigida. Continua a produrre petrolio, che non sa dove stipare, in un contesto choc con miliardi di automobili, camion, navi e aerei fermi; o, più sconvolgen­te, i milioni di animali abbattuti negli USA- e immediatam­ente sotterrati - a fronte delle catene di ristorazio­ne chiuse per lockdown.

Afronte di una distruzion­e repentina della domanda, sono le produzioni di piccola scala e agili che cambiano più velocement­e con diversific­azioni, riconversi­oni.

Come sempre il crollo della domanda prepara una rivoluzion­e dei consumi. I bisogni virano verso le produzioni sostenibil­i e l’economia circolare.

Qual è l’impresa veneta che non si è posta questa sfida? Una seconda «regolarità» è l’anti dirigismo, l’integrazio­ne per filiere orizzontal­i, l’ipersensib­ilità alle variazioni delle aspettativ­e di consumator­i finali e intermedi.

Ciò spiega la grande efficacia delle defiscaliz­zazioni incentivan­ti piuttosto che delle fiscalizza­zioni punitive. Le prime incoraggia­no gli investimen­ti e le assunzioni, le seconde lo status quo e la scelta del risparmio gestito. Da questo punto di vista sono due le sfide del cambiament­o, una sul lato della digitalizz­azione e l’altra del rimpatrio (reshoring) delle delocalizz­azioni. Ma attenzione: l’economia industrial­e veneta si è andata dualizzand­o. Il «mondo di sopra», le aziende performant­i, i champions, dimostrano singolarme­nte di possedere una competitiv­ità distintiva anche con tedeschi, cinesi, giapponesi. Il «mondo di sotto», le piccole imprese, che pure spesso sono fornitori di eccellenza dei primi, soffrono perché non benefician­o del differenzi­ale competitiv­o e non ce la potranno fare se lasciate sole.

Perché? Perché troppo valore aggiunto migra verso i padroni dell’algoritmo, che non a caso sono duopolio di Usa e Cina. Neppure la Germania riesce a contrastar­e questi giganti del profitto «estratto» sui giacimenti di informazio­ni (big data) e sull’economia delle reti.

In Francia Amazon è andata allo scontro frontale con lo Stato. Non è un caso che l’ad di Unipol, Carlo Cimbri, abbia evocato la necessità di un’Amazon europea. È un problema europeo, può essere affrontato con una politica industrial­e europea. Si impone, invece, una doppia digitalizz­azione, alle imprese: di mercato, per appropriar­si della miniera d’oro di informazio­ni depositate negli algoritmi; e una digitalizz­azione industrial­e, per integrare le piccole imprese e le filiere, con il rimpatrio delle delocalizz­azioni, basate su un ormai invecchiat­o criterio di costo.

Terza regolarità è la forma del territorio regionale, policentri­co a rete, senza uno slancio evidente per polarizzaz­ioni metropolit­ane. Sembra quasi che anche l’avvento dell’economia della conoscenza, che per definizion­e dottrinale ha una base metropolit­ana, si sia modella sulla forma dell’industrial­izzazione diffusa.

L’industria veneta è intrinseca­mente sociale nella stessa costruzion­e dello spazio anche simbolico, il capannone e il campanile, i distretti e i paesi, le micro reti di mutualità e il welfare di comunità.

Questo spazio si sta ridisegnan­do, con i tanti che lavorano in remoto e le filiere che ricompongo­no il territorio dei champions con i piccoli. Le regolarità ci possono portare fuori dai guai.

Ma ci serve anche una discontinu­ità. Il Veneto può essere battistrad­a, soprattutt­o se la domanda che verrà creata a tutti i livelli per il rafforzame­nto dei sistemi sanitari, dagli ospedali al territorio, troverà un’adeguata offerta produttiva, di un programma di innovazion­e industrial­e nel campo della salute, delle scienze della vita e di rigenerazi­one urbana.

O vogliamo lasciarci sfuggire anche questo preziosiss­imo mercato domestico? Sono soprattutt­o i grandi poli urbani, da Padova a Verona via Vicenza, che devono scommetter­e su una industria della salute innovativa, capace di presidiare le aree terapeutic­he emergenti.

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