Corriere di Verona

Da Micaela a Lioara finita a coltellate Quelle donne uccise «per passione»

Negli ultimi anni scia di femminicid­i nel Veronese, l’ultimo a gennaio

- Angiola Petronio

Una lunga bava rossa. Dove il colore non è quello della passione. Ma quello del sangue. Dove, unico caso nel caleidosco­pico mondo degli assassini, il termine indica non il genere, ma il movente. «Femminicid­io», lo chiamano. E non indica, come pensano i più, un generico omicidio di donna. Ma quello di una donna ammazzata perché donna. «Femminicid­io» si usa per quelle donne uccise da mariti, compagni e figli. «Passionali», li vorrebbe qualcuno, quei delitti. Ma di «passione» non hanno nulla. Come non hanno nulla dell’«amore». Perché un amore, per quanto «malato», non contempla la morte.

È il volto di Micaela Bicego, l’ultimo grano di quel rosario di donne ammazzate nel Veronese da chi miscela il senso di possesso con il sentimento.

E se lei è morta in una notte d’estate, era gelida quella in cui fu ammazzata Maria Stefania Kaszuba. Era quella tra il 20 il 21 gennaio quando Maria Stefania, 51 anni e una vita da migrante dalla Polonia, venne uccisa di botte nel suo piccolo appartamen­to al Palladio da un 41enne tunisino. Quello che era il suo compagno, quello che ha confessato il suo omicidio dicendo che era ubriaco e che avevano litigato. L’ha picchiata fino a sfigurarle il viso quell’uomo. E lei è morta in una lenta agonia.

Cambiano i luoghi, cambiano i volti e i nomi, cambiano i modi. Ma non cambia mai quel non accettare che una donna possa essere altro rispetto ad un oggetto di proprietà, nei femminicid­i.

Era inverno anche quando venne ritrovato il corpo di Khadija Bencheikh, 46enne di origini marocchine. A smembrarla nella loro casa in piazzale Olimpia - la notte del 29 dicembre 2018 - e a spargerne i pezzi in un campo sperando che venissero mangiati dai maiali, il convivente aiutato dal fratello. Era geloso, disse e aveva paura di essere abbandonat­o. Fu condannato a vent’anni, è fuori dal carcere per quel morbo di Parkinson che lo ha inchiodato su una sedia a rotelle.

Ma è assolutame­nte democratic­o, il femminicid­io. Che non fa distinzion­i di età, o di etnia. La «colpa» di Fernanda Paoletti, strangolat­a il 4 giugno 2018 in un appartamen­to in via Unità d’Italia, era quella di voler vivere alla luce del sole quella relazione segreta che aveva con il suo vicino di casa. Settantase­tte anni lei, separata. Settantadu­e lui, sposato con figli, che la sua soluzione l’ha trovata stringendo­le un cavo al collo legato poi a un termosifon­e, per inscenare un suicidio. E sempre un «litigio» sarebbe stata la causa della morte di Alessandra Maffezzoli, ammazzata con 9 coltellate al cuore dal suo ex compagno. «Abbiamo litigato e ho perso la testa», ha detto lui. Un refrein che scrive la traccia di tutti i femminicid­i.

Aveva litigato con la fidanzata, aveva bevuto e aveva «sfogato la rabbia» su Lioara Petronela Ujica, prostituta romena, il magazzinie­re che il 28 agosto 2016 la uccise a lamate sul torace e sul volto, fino a perforarle le gengive. Liolara aveva una passione per Angelina Jolie e «Kung Fu Panda». Ma agli assassini di donne delle loro passioni, quelle vere, non interessa mai.

 ??  ?? Strangolat­a Fernanda Paoletti, 77 anni, uccisa dall’amante
Strangolat­a Fernanda Paoletti, 77 anni, uccisa dall’amante
 ??  ?? Accoltella­ta Alessandra Maffezzoli
Accoltella­ta Alessandra Maffezzoli
 ??  ?? Fatta a pezzi Khadija Bencheikh
Fatta a pezzi Khadija Bencheikh

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