«La truffa da 4 milioni? Ora lavo i vetri» L’ex broker si difende: chi mi prestava i soldi sapeva che erano investimenti a rischio
«Tutti quei soldi mi venivano prestati da persone che sapevano a quali rischi andavano incontro con quegli investimenti». Tre anni fa lo arrestarono e ora è a processo per una truffa a sei zeri. Ma da quando ha recuperato la libertà il 48enne Silvano Castagna, l’ex broker «abusivo» di Sommacampagna, ha rivoluzionato la propria vita: ha venduto la casa, ha risarcito chi e per quanto ha potuto, ha trovato lavoro. Si è fatto assumere da un’azienda e fa il lavavetri. Nulla a che vedere con quella «volatilità dei mercati finanziari» a cui ieri pomeriggio in tribunale lo stesso Castagna ha attribuito la causa delle ingentissime perdite economiche di cui è adesso chiamato a rispondere al banco degli imputati.
Davanti al giudice Alessia Silvi, il pm Federica Ormanni gli contesta anni di raggiri perpetrati a scapito dei suoi clienti, oltre 4 milioni e mezzo di euro andati «in fumo», più di un centinaio di parti lese nell’ambito di una maxi truffa a cui solo un’azione mirata di Fiamme gialle e Procura avrebbero posto fine.
Contestazioni di cui ieri il principale imputato (sotto accusa c’è anche la moglie e i due sono difesi dagli avvocati Paolo Mastropasqua, Luca Tirapelle e Luigi Maccagnani) ha tentato di fornire una ben diversa lettura. «Chi mi prestava il denaro sapeva che andava incontro a investimenti finanziari ad alto rischio. Erano informati di tutto - è la tesi difensiva di Castagna -, si rivolgevano a me perché in banca non avrebbero mai ottenuto guadagni del 1015 per cento». Ma perché quegli investimenti non sono andati a buon frutto? Stando all’ormai ex promoter, «le cose sono andate bene fino alla grande crisi del 2008, poi mi stavo riprendendo ma c’è stata la debacle mondiale del 2013». Quattro i reati di cui deve rispondere con la consorte: dalla raccolta abusiva del risparmio alla mancata presentazione delle dichiarazioni dei redditi, dall’appropriazione indebita all’autoriciclaggio.
Per anni, stando al quadro tratteggiato dagli inquirenti, avrebbe «ingannato» 112 vittime in concorso con la moglie, di professione (all’epoca dei fatti) assistente di volo presso Air Italy del gruppo Meridiana Fly (compagnie aeree estranee alle accuse, ndr). Sarebbe stata proprio la donna a porre in contatto il marito con alcuni dei raggirati, che operavano con lei al Catullo. Una valanga di denaro che sarebbe stato investito, oltre che in titoli a rischio sulle Borse di mezzo mondo, perfino in once d’oro e barili di petrolio. A restare invischiati nella rete sarebbero stati anche pensionati, dipendenti pubblici e privati nonché diversi imprenditori. Senza dimenticare i parenti: tra loro, persino la zia 79enne del finto broker.