Laura Mansini: «Questa città scalda il cuore»
Il cognome sbagliato all’anagrafe, il padre pittore e restauratore, il trasferimento in Trentino, il lavoro da critica di teatro e l’elezione a sindaco di Caldonazzo «Nella politica attuale troppa improvvisazione»
Quella «zeta» storpiata che si fa «esse». Cose veronesi che più veronesi proprio non si può. E così se all’atto di nascita all’anagrafe ti registrano come Laura Mansini anziché Manzini, quella «esse» ti accompagnerà per tutta la vita come un timbro sul passaporto dell’anima: «Me ne accorsi all’appello in prima elementare» ricorda Laura, che Verona l’ha lasciata tanti anni fa ma ce l’ha stampata nel cuore: «Quando al tramonto scatto dall’alto del Castel San Pietro una foto panoramica, penso a Berto Barbarani e a “voria cantar Verona”: in quei versi c’è tutta la bellezza della nostra città e affiora l’emozione che provavo quando a recitarla era Roberto Puliero». Laura nasce e cresce in via Nicola Mazza, nel cuore di Veronetta: suo padre è Mario Manzini, noto pittore e per oltre quarant’anni apprezzato restauratore di tele e affreschi. La sua mano l’ha messa in tutte le chiese antiche di Verona: da San Zeno e Santa Eufemia, il Duomo, Sant’Anastasia, restaurando opere di Mantegna, Brusasorzi, Calliari. Ha lavorato in sovrintendenza ai tempi di Piero Gazzola collaborando con l’architetto Libero Cecchini, suo grande amico: «Ho avuto un’infanzia culturalmente vivace – racconta Laura – la nostra casa era frequentata dagli artisti. Cecchini, cui ho voluto tantissimo bene, Simonetti, Maderna, Salazzari, Zampieri, solo per citarne alcuni. Si ritrovavano al Caffè Dante in Piazza dei Signori: mentre loro se ne stavano al tavolo a disquisire, noi bambini giocavamo in piazza». Laura studia al Liceo Scientifico Messedaglia: «Non mi piaceva, io amavo leggere e scrivere e avrei preferito il liceo classico, ma tant’era». Si iscrive a Lettere a Padova ma dopo i primi due anni si traferisce a Sociologia a Trento: «Fu per amore. Dopo la morte di mia madre andammo a vivere al Grattacielo: in parrocchia conobbi Waimer Perinelli e lo seguii a Trento dove studiava Sociologia; ci sposammo nel 1971, nel 1973 nacque Zeno, un nome che è un omaggio alle nostre origini, e due anni dopo Marco».
Laura divora letture e nutre un viscerale amore per il teatro e la sua storia; corre il 1976 quando il quotidiano L’Adige gli propone di scrivere qualche articolo: «All’inizio i pezzi non li firmavo nemmeno, poi iniziai a metterci nome e cognome, ma sempre fedele a Mansini con la “esse”. “No te si mia me fiola” scherzava mio padre». Unica donna in Trentino, è critico teatrale nazionale per il quotidiano L’Adige. Membro dell’Associazione Critici di Teatro, collabora con la prestigiosa rivista Sipario, legge, studia e scrive: «Amavo il mio lavoro e mio marito mi ha sempre sostenuta».
Dal 1982 al 2004 è docente di Storia dello Spettacolo all’università della terza età, organizza convegni, istituisce premi e una borsa di studio per gli studenti in Accademia. Waimer, giornalista Rai, e Laura si trasferiscono nella loro casa di villeggiatura a Caldonazzo. Lei in paese la conoscono per l’attività giornalistica e l’impegno profuso nella cultura e nel teatro: «Era il 1995; un giorno la parrucchiera, moglie del sindaco, mi propose di candidarmi. In Consiglio non c’erano donne da dieci anni: accettai e venni eletta». A Caldonazzo porta una sede dell’università della terza età, tiene corsi di teatro e coinvolge i bambini in attività ricreative e sportive. Nel 2000 si ricandida, sconfigge le diffidenze, fa il pieno di voti e ottiene l’incarico di vicesindaco. La politica è per lei sostegno alla gente e van giù mattoni dal muro del pregiudizio. Sebbene non sia facile, perché è donna e per di più «foresta». Mette l’elmetto, nel 2005 lancia il motto «Veronese, foresta: ve sotro»: «In dialetto significa “vi sotterro” e devo dire che fui di parola» chiosa. Contro ogni previsione stravince e diventa sindaco. Vi rimane fino al 2010 quando decide di porre fine alla sua carriera politica. Invitata a candidarsi alle elezioni provinciali, declina: «A Caldonazzo mi sono guadagnata la fiducia delle nonne e delle mamme. Una bellissima esperienza, che però ritenni conclusa. Nella politica attuale vedo troppa improvvisazione».
Laura è tornata al suo vecchio amore, il teatro, e a i suoi studi. Oggi lei e Waimer sono nonni di due meravigliose nipotine e vivono nella quiete di Tenna sulle placide acque del Lago di Caldonazzo. A Verona hanno il loro pied-à-terre in via San Nazaro: «Torniamo a rivedere i nostri luoghi e scaldarci un po’ il cuore. È una città meravigliosa». E se ti appiccica addosso una«esse» al posto di una«zeta», è solo per ricordarti che in fondo non l’hai mai lasciata.