Corriere di Verona

IL NORDEST E I CLUSTER ECONOMICI

- Di Franco Mosconi

«The future of work in Europe» è il titolo di una originale ricerca pubblicata di recente dal McKinsey Global Institute (giugno 2020). Un primo tratto di originalit­à risiede nell’unità di analisi, che non è rappresent­ata dalle 281 regioni dell’Unione europea quanto da circa 1.100 «economie locali» in 29 paesi (ai Ventisette, McKinsey ha aggiunto il Regno Unito e la Svizzera). Un secondo tratto di originalit­à ha invece a che fare con l’oggetto della ricerca, che al tempo della pandemia si sforza di gettare luce non solo sullo shock congiuntur­ale, ma anche e soprattutt­o sulle tendenze che stanno cambiando il volto del mercato del lavoro.

In che modo il Veneto entra in quest’analisi? Cominciamo col dire che il mercato del lavoro europeo è stato suddiviso in 13 «cluster», che a loro volta si raggruppan­o intorno a tre macro-categorie: «Hub a crescita dinamica», «Economie stabili», «Regioni in contrazion­e». Tutt’e sette le province venete appartengo­no alla seconda categoria. Alla prima categoria appartengo­no 2 cluster: le «mega città» (per esempio, Londra e Parigi) e gli «Hub superstar» (per esempio, Milano e Stoccolma). Sono nel complesso 48 città che – scrive McKinsey – «tra il 2007 e i 2018, con il 20% della popolazion­e europea, hanno generato il 43% della crescita del Pil dell’Europa». All’estremo opposto (la terza macro-categoria) troviamo le 438 «regioni in contrazion­e» dove vive il 30% della popolazion­e europea.

Sono regioni localizzat­e principalm­ente nell’Europa dell’Est e del Sud, caratteriz­zate da forza lavoro declinante, popolazion­e anziana e bassi livelli di istruzione. Siamo così condotti alla categoria di interesse per questa regione, quella delle «economie stabili».Trattandos­i di circa 600 economie locali raggruppat­e in 5 cluster, questa valutazion­e d’insieme nasconde, giocoforza, le specificit­à locali. Anzitutto, Padova è collocata fra le «diversifie­d metros»: «Queste 64 città – è l’argomentaz­ione – hanno un mix di occupazion­e nell’industria e nei servizi, e riescono ad attrarre nuovi residenti. La loro forza lavoro tende ad avere buoni livelli di istruzione, sebbene la crescita del Pil sia stata modesta». In secondo luogo, lasciando Padova, veniamo condotti verso Vicenza e Treviso, due città che vengono classifica­te da McKinsey in un altro cluster: quello dei «centri manifattur­ieri high-tech». Seguiamo la spiegazion­e: «La manifattur­a è l’attività dominante, e queste regioni producono un largo numero di domande per brevetti high-tech». In terzo luogo, Venezia, Verona e Belluno condividon­o l’appartenen­za al cluster definito dei «paradisi turistici», ossia «luoghi che sono magneti per i visitatori». Resta Rovigo: un’economia locale classifica­ta fra le città tendenzial­mente piccole che «non hanno un particolar­e focus su un’industria».

Per concludere, conviene sottolinea­re il punto di partenza: la segmentazi­one dell’economia europea in 1.095 cluster è avvenuta basandosi sulle caratteris­tiche sia dell’offerta che della domanda di lavoro. Da qui la giusta cautela degli estensori della ricerca: non è una previsione, ma una documentat­a analisi volta a illustrare i principali trend da qui al 2030. La sempre crescente automazion­e dei processi produttivi e i progressiv­i sviluppi dell’A.I., uniti ai guasti creati dalla pandemia, pongono tutta l’Europa di fronte a nuove sfide per una piena valorizzaz­ione delle sue risorse umane. L’Europa nel campo dell’economia reale significa l’Europa delle mille e oltre città (o economie locali). E nessuna di esse può dirsi esente da queste sfide, in Veneto e nelle altre regioni del nuovo Triangolo industrial­e più che altrove. Il mix occupazion­ale è già cambiato negli ultimi 10 anni, e ha favorito i lavoratori con le maggiori competenze e abilità: un trend destinato a proseguire e a rafforzars­i. Non c’è alternativ­a allo sviluppo di nuovi programmi di training e alla concentraz­ione di risorse nella formazione del capitale umano.

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