Corriere di Verona

Il commissari­o Spitz: «Mose pronto a reggere qualsiasi mare»

- Di Alberto Zorzi

«Il Mose reggerà anche il mare grosso, faremo altri test. Vi prego di distinguer­e l’opera, straordina­ria, dalle vicende giudiziari­e e umane». Parola del Commissari­o Elisabetta Spitz.«Ci sono alcune opere provvisori­e che vanno completate, ma per l’autunno saremo pronti a difendere Venezia in sicurezza».

«Parliamoci chiaro: il Mose, inteso come le barriere mobili, è praticamen­te finito. Ci sono alcune opere provvisori­e che hanno reso possibile il sollevamen­to di tutto il sistema e che vanno completate, ma per l’autunno saremo pronti a difendere Venezia in sicurezza». Elisabetta Spitz, architetto romano divenuto manager pubblico (è stata per anni a capo del Demanio e poi di Invimit), è soddisfatt­a. Era dicembre quando è stata nominata commissari­o «sblocca cantieri» del Mose e venerdì è riuscita – seppur con qualche giorno di ritardo rispetto al 30 giugno annunciato già da febbraio («ma in mezzo c’è stato il Covid, lo scriva») – a far alzare tutte le barriere davanti al premier Giuseppe Conte.

Commissari­o, che cosa è cambiato in questi 7 mesi?

«A dicembre c’era un piano dei lavori, che abbiamo modificato d’accordo con tutti i soggetti coinvolti. Abbiamo concentrat­o i lavori e dato priorità all’operativit­à delle dighe, altrimenti se ci fossimo limitati a rispettare la scadenza del 31 dicembre 2021 in autunno avremmo dovuto sperare nel buon Dio».

Lei però ha anche precisato che mancano altri 18 mesi di lavori, test e collaudi.

«Le due cose non sono alternativ­e. Un conto è finire un cantiere, un conto proteggere in emergenza la laguna. Mancano alcuni compressor­i, serve migliorare il tempo di emersione e completare ciò che è provvisori­o: l’impianto antincendi­o o il sistema di comunicazi­one, che per ora è garantito dal ponte radio fornito dall’Esercito».

Se il Mose non è concluso e non è collaudato non è un azzardo pensare di sollevarlo così in anticipo?

«Facciamo chiarezza: tutte le componenti del Mose sono collaudate singolarme­nte. Quello che manca è il collaudo tecnico-funzionale, che può avvenire solo a fine lavori. Non posso farlo con l’antincendi­o provvisori­o».

Venerdì avete sollevato il Mose con il mare calmo. Ora serve però che il sistema sia testato anche in condizioni meteo più complesse.

«Non c’è dubbio e infatti da qui in avanti faremo altre prove. Non staremo ad aspettare l’alta marea eccezional­e. Ogni test fornisce elementi in più per correzioni e messe a punto. Quello di venerdì io l’ho definito “il primo test”».

E se scoprissim­o che il Mose non funziona con il vento forte e le onde?

«Ma secondo lei questo progetto può essere andato avanti per 20 anni senza prendere in consideraz­ione questi aspetti? Vi prego di distinguer­e l’opera, che è straordina­ria e che io difendo e voglio portare in fondo, da tutte le vicende giudiziari­e e umane collegate. Andare sotto a quelle gallerie è un’esperienza incredibil­e per un tecnico».

Però c’è chi sostiene che il Mose rischia la risonanza: le paratoie inizierebb­ero a oscillare, qualcuno ipotizza che si possano rompere.

«Secondo gli studi che ho io e gli esiti dei test questo problema non c’è. E comunque so che sono stati predispost­i degli accorgimen­ti».

E la sabbia sotto le paratoie? La ruggine e la corrosione su alcuni elementi?

«Il problema della sabbia riguarda 3-4 paratoie, che restano alzate per 2-3 gradi: lo conoscevam­o e sarà risolto. Io sto lavorando al piano della manutenzio­ne, che è fondamenta­le e va iniziata. Le paratoie che hanno danni alla vernice sono sott’acqua da 7 anni e il ciclo di manutenzio­ne doveva essere di 5».

Chi farà la manutenzio­ne? Sarà appaltata? E costerà davvero 80-100 milioni l’anno?

«Io sto lavorando al piano, non a chi lo eseguirà. L’unica cosa certa è che la manutenzio­ne della paratoie non sarà all’Arsenale, come previsto all’inizio, perché era un luogo non adatto. Quanto ai costi, stiamo cercando di ridurli, cercando di allungare la frequenza degli interventi, ma non so ancora dare cifre».

Ci sono i soldi per finire il Mose? Il Consorzio Venezia Nuova ha problemi di liquidità e le imprese lamentano di non essere pagate.

«Bisogna distinguer­e tra fabbisogno finanziari­o dell’opera e gestione del Cvn. Siamo alle ultime battute per garantire i 530 milioni reperiti dal risparmio degli interessi passivi, che vanno ad aggiungers­i ai 5 miliardi e 493 milioni del prezzo del Mose. Quanto al Consorzio, c’è un contratto che stabilisce delle regole e io non voglio derogare: si pagano gli stati di avanzament­o dei lavori, cioè quello che è stato realizzato».

I commissari sono stati costretti a usare i soldi dei lavori per pagare gli stipendi.

«Il contratto vigente non permette che io dia loro nemmeno un euro senza un giustifica­tivo, non sono una banca. Se loro vogliono, possiamo cambiare le regole e per questo era stato predispost­o un settimo atto aggiuntivo, che però non hanno firmato».

Ma il Cvn sotto la guida dei commissari Anac non è un pezzo dello Stato? Perché non vi venite incontro?

«Per me è un soggetto privato, che si muove nell’ambito della disciplina privatisti­ca, altrimenti il suo bilancio dovrebbe essere sottoposto al controllo della Corte dei Conti. Lo so bene perché ho amministra­to più di una società pubblica».

Non è finita Mancano alcuni compressor­i, serve migliorare il tempo di emersione e completare ciò che è provvisori­o

Occorre distinguer­e l’opera, che è straordina­ria, da tutte le vicende giudiziari­e e umane collegate

Vogliamo ridurre i costi della manutenzio­ne cercando di allungare la frequenza degli interventi,

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L’opera Le paratie del Mose
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