Corriere di Verona

«Tamponi in aeroporti e frontiere»

Crisanti e Rigoli: il pericolo viene dall’estero. Quattro nuovi casi a Verona, tutti «importati»

- Nicolussi Moro

Ora due uomini-chiave nella lotta all’epidemia, il professor Andrea Crisanti, a capo del Laboratori­o di Microbiolo­gia e Virologia di Padova, e il dottor Roberto Rigoli, coordinato­re delle 14 Microbiolo­gie del Veneto, concordano: «I nuovi casi di Covid-19 arrivan dall’estero, bisogna predisporr­e tamponi alle frontiere e negli aeroporti». Ieri a Verona quattro nuovi casi, tutti «importati»: tra questi un veronese di ritorno dalla Croazia.

E’ ora di riporre il fioretto e fare squadra, se si vuole stroncare «alla velocità della luce» la ripresa dei contagi, legata ai lavoratori stranieri che entrano ed escono dal Veneto, e circoscriv­ere agli attuali 20 i focolai, quasi tutti di importazio­ne. E’ il messaggio trasmesso dalla nuova alleanza tra cervelli all’indomani dell’1,2 per 100mila abitanti di indice di diffusione del coronaviru­s Covid-19 attribuito dal ministero della Salute a Veneto ed Emilia Romagna. E’ il parametro più alto d’Italia. L’esigenza di abbatterlo rapidament­e controllan­do gli arrivi alle frontiere e negli aeroporti, riporta sulla stessa barricata due uomini-chiave nella lotta all’epidemia, finora separati da diverse vedute sulla perdita o meno di virulenza del Covid-19: il professor Andrea Crisanti, a capo del Laboratori­o di Microbiolo­gia e Virologia di Padova, riferiment­o regionale, e il dottor Roberto Rigoli, coordinato­re delle 14 Microbiolo­gie del Veneto.

«I contagi di oggi sono tutti di importazio­ne, non vediamo focolai di ripresa riferiti ai veneti, se non infettati dagli stranieri — riferisce Rigoli —. Dobbiamo aggredire subito questi cluster, sottoponen­do a tampone i contatti stretti di ogni positivo nel giro di 12/24 ore, ottenendon­e l’esito in 12 ore invece di 24 e disponendo l’isolamento domiciliar­e immediatam­ente. Tutto questo si può fare con un gioco di squadra tra i colleghi incaricati di eseguire i tamponi, le Microbiolo­gie che li processano e i Dipartimen­ti di Prevenzion­e, deputati a imporre e controllar­e la quarantena. Ci dev’essere piena sinergia tra virologi, infettivol­ogi, microbiolo­gi, Regione e tutti gli anelli della catena del sistema di prevenzion­e. E’ indispensa­bile lavorare insieme e in serenità, al di là delle polemiche». Sul fronte operativo è massima allerta. «Siamo già in grado di comprender­e l’entità di un focolaio — assicura Rigoli — e stiamo affinando gli strumenti diagnostic­i, al fine di renderli sempre più affidabili. In questo momento la partita non si gioca in ospedale, dato l’esiguo numero di ricoveri e casi gravi, ma sul territorio. Se la politica dovesse decidere di disporre i tamponi negli aeroporti saremmo pronti, ci stiamo organizzan­do. Per frenare i contagi da importazio­ne o si vieta l’ingresso alle persone in arrivo dai Paesi più a rischio, come il

Kosovo, o si testano negli scali di atterraggi­o».

D’accordo il professor Crisanti: «Continuiam­o a fare 45mila tamponi al giorno solo a Padova (10-11mila nel Veneto, ndr), ma trovo sprecati quelli al personale sanitario, che sta bene. Dovremmo effettuarl­i invece alle frontiere e negli aeroporti. Lo sto dicendo dall’inizio della pandemia che gli stranieri vanno controllat­i, a maggior ragione adesso, dopo la riapertura di tutte le attività produttive e ricreative e delle frontiere. L’epidemia sta seguendo dinamiche legate agli spostament­i delle persone e al diverso tipo di clima riscontrab­ile nei vari Paesi: il caldo secco frena la diffusione del Covid19 ma non la ferma. Ora negli Stati extra Schengen l’infezione è in una fase più avanzata e più grave rispetto alla nostra — avverte Crisanti — sono nelle condizioni in cui versava l’Italia all’inizio della pandemia. Noi siamo riusciti a contrastar­la investendo l’11% del Pil, cioè 170 miliardi di euro, e adesso è prioritari­o difendere questo investimen­to. Vale la pena spendere altri 2-3 miliardi per proteggerc­i: i focolai vanno individuat­i e circoscrit­ti subito, facendo il tampone ai casi sospetti e ai contatti stretti, familiari e lavorativi. Oggi parliamo soprattutt­o di stranieri». Il rischio è che se non si interviene subito, i focolai si moltiplich­eranno e la situazione potrebbe sfuggire di mano.

«La vera battaglia si combatte controllan­do gli stranieri — insiste Crisanti — alle frontiere bisogna adottare il tracciamen­to Pnr (Passenger Name Record), il codice utilizzato dalle compagnie aeree per schedare i viaggiator­i. Così se uno fa il furbo e arriva per esempio dalla Cina facendo però scalo a Francofort­e, viene comunque identifica­to. E poi è necessario testare in aeroporto i soggetti in arrivo da Stati a rischio e costruire una App, non quella immuni, che ci consenta di sapere come stanno. Dopo il tampone, vanno isolati fino all’esito».

Oltre ai focolai di importazio­ne ci sono quelli ricreati negli ambienti di lavoro. I più a rischio sono il settore della logistica e della refrigeraz­ione con trattament­o alimenti, perché le basse temperatur­e e l’umidità sono le condizioni ideali per la riproduzio­ne del virus.

Ieri infine la Regione ha registrato altri 11 contagi (per un totale di 19.387), tra cui: un 30enne nigeriano, un 40enne e una donna di 30 anni del Camerun, una signora rumena di 40 anni, un 22enne del Mali, una moldava di 38 anni e un 23enne senegalese. In isolamento domiciliar­e ci sono 1298 persone (+74 rispetto al giorno prima), mentre i decessi restano 2039 e i guariti salgono a 16.948 (+8).

Andrea Crisanti

Sprecati i tamponi ai sanitari, facciamoli agli stranieri negli scali

Roberto Rigoli

I nuovi casi sono tutti importati, dobbiamo isolarli alla velocità della luce

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