Corriere di Verona

Un anno con poca scuola ma alla maturità gli studenti strappano voti prodigiosi «Messaggio sbagliato»

Raddoppiat­i e in alcuni casi addirittur­a triplicati i «100» e i «100 con lode». Il caso visto da docenti e intellettu­ali

- Gloria Bertasi (ha collaborat­o Matteo Riberto)

Scorrendo le liste affisse nelle scuole, la frase che nessuno vorrebbe mai vedere - «non diplomato» - è sparita (si segnala un solo caso a Verona in un corso serale per geometri), ma questo non stupisce nessuno: il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina aveva indicato di bocciare solo gli studenti con gravi carenze. Era dunque chiaro a tutti che nell’anno dell’emergenza sanitaria, con le scuole chiuse da Carnevale, di non promossi o non ammessi all’esame di Maturità non ce ne sarebbero stati. A stupire, di contro, sono i voti: alti, altissimi, quasi incredibil­i per la nostra regione dove i cento, nella normalità, sono una manciata l’anno e le lodi un’eccezione alla regola.

D’altronde, si sa, la Maturità è complicata, è per tutti «l’esame degli esami»: emotivamen­te stressante, difficile per la marea di contenuti da ricordare e, al contempo, indimentic­abile. Rappresent­a quella chiave di volta che traghetta dall’adolescenz­a alla vita adulta o, per dirla con lo scrittore e docente universita­rio padovano Matteo Righetto (suo Il passo del vento - Sillabario Alpino, scritto con Mauro Corona), «è l’ultima prova di iniziazion­e che ci è rimasta». Quest’anno però con la tragedia del Covid-19, con i mesi di lockdown, il moltiplica­rsi dei contagi e le migliaia di persone che hanno perso la vita, quella «prova» è cambiata e - scomparsi i temi dai titoli che incutono timore a leggerli persino da adulti e le seconde prove (nei licei) di matematica, greco o latino che hanno sempre spaventato anche i «nerd» – per i giovani, almeno a guardare i risultati, dopo settimane chiusi in casa per colpa del virus, l’esame di stato sembra essere stato più un percorso in discesa che le montagne russe del passato. I cento e i cento e lode sono raddoppiat­i in tutte le province, arrivando a percentual­i del 30 per cento del totale. A Verona, addirittur­a, i voti d’eccellenza sono triplicati con quasi 900 tra cento e lodi (passate da 54 a 173) su poco più di 7 mila maturandi.

«Non ho ancora il quadro complessiv­o dei risultati di tutti gli istituti e dei licei del Veneto – premette Carmela Palumbo, direttrice dell’Ufficio scolastico regionale – ma mi immaginavo che ci sarebbero stati voti più alti, d’altronde la commission­e era tutta interna (solo il presidente era esterno, ndr), i crediti scolastici valevano 60 punti e non 40 e non c’erano gli scritti che incidono molto sul punteggio finale». Il merito non sarebbe tuttavia solo del nuovo esame orale e delle interrogaz­ioni fatte da docenti che conoscono gli alunni: «Dopo mesi così difficili, in cui i nostri ragazzi, senza la scuola, hanno perso tanto…». Palumbo non dice che i professori sono stati più generosi, lo fa solo intendere. Alcuni dirigenti scolastici invece non hanno difficoltà ad ammetterlo. «Da parte degli insegnanti c’è stata una comprensio­ne delle difficoltà e una maggiore valorizzaz­ione degli alunni», spiega Monica Guaraldo, dirigente al Majorana Corner di Mirano nel Veneziano dove si è passati dai 15 centini nel 2019 ai 29 di quest’anno. Commenta Luigi Zennaro, vicepresid­ente veneto dell’Associazio­ne nazionale presidi: «Era fisiologic­o che i voti fossero più alti, togliendo le prove scritte, che sono sempre una strettoia, le possibilit­à di arrivare al 100 aumentano. Poi c’è la questione della commission­e tutta interna. Sono professori che conoscono gli alunni e se uno studente è sempre stato bravo, ma magari ha una défaillanc­e all’esame, sono più portati a comprender­lo dando maggior peso, nella valutazion­e, all’intero percorso di studi. Vale però anche l’inverso: se uno studente meno bravo ha un exploit all’esame, la commission­e interna è portata a valorizzar­e meno la prova».

Dati alla mano, nel liceo padovano Marchesi su 265 maturandi ci sono stati 47 cento («Non abbiamo raccolto i dati - sottolinea il direttore dell’Ufficio scolastico padovano Roberto Natale - ma mi pare plausibile che ci siano più cento, i ragazzi si sono trovati a loro agio con questo esame), al tecnico Zuccante di Mestre 18 quando un anno fa non ce ne era stato nemmeno uno e al turistico Gritti, sempre a Mestre, si è passati da 4 a 16. All’Algarotti-Sarpi di Venezia si è passati da 14 a 25 centini, al mestrino Pacinotti da 1 a 10 mentre al classico veronese Maffei i cento sono stati 48, 9 le lodi. Restando nel capoluogo scaligero, agli scientific­i Messedagli­a le lodi sono state dieci e trenta i cento e al Fracastoro 8 con 23 cento.

Si tratta di un fotografia omogenea in tutta la regione e che fa dire allo scrittore Righetto: «Siamo sicuri che i ragazzi avessero bisogno di un atto di generosità o non è che possa rivelarsi un boomerang?». Righetto non avrebbe voluto una maturità «normale» in questo 2020 che di normalità ne ha ben poca («Sono sempre stato un fervente sostenitor­e di un esame vero e selettivo - dice - avrei però trovato bizzarro, nel momento in cui tutto il mondo è stravolto, se ci fosse stato un esame tradiziona­le») ma, si lascia andare, a fil di voce, a un «tuttavia, questi voti…». Il veneziano Lorenzo Tomasin (giurato del Premio Campiello 2020) non ha vissuto l’esperienza dell’insegnamen­to a distanza in Italia e nemmeno nelle scuole superiori, è docente di Storia della lingua italiana all’Università di Losanna in Svizzera dove prima ha tenuto lezioni on line e poi esami in cui riconosce di essere stato anche lui generoso. «Ci sono stati momenti molto stressanti anche all’università e abbiamo, sbagliando - ammette - alleggerit­o le prove». Come per Righetto, anche per Tomasin, la maturità è «un tornante della vita» e, per i giovani del 2020, è stato «rimandato». «Forse si è pensato che lo stress della pandemia equilibras­se l’assenza di quello dell’esame di stato e che i due stress si compensass­ero ma non è così, la verità è che abbiamo negato ai ragazzi un passaggio importante – continua – l’abbiamo fatto in buona fede, senza tenere conto che ogni generazion­e vive imprevisti, si pensi a chi studiava nel periodo delle guerre o in altri momenti critici, ad esempio, gli anni di piombo: mi auguro che “i giovani della maturità del 2020” rappresent­ino un’eccezione e si torni alla vera Maturità».

Palumbo (Usr)

Non ho ancora i dati ma mi immaginavo che ci sarebbero stai voti più alti senza scritti e la commission­e di docenti interni, ma quanto è stato tolto agli alunni quest’anno

Righetto (scrittore)

Non mi aspettavo un esame normale quest’anno, ma siamo sicuri che i ragazzi avessero bisogno di un atto di generosità o non è che possa essere un boomerang?

Tomasin (docente)

All’università anche noi, sbagliando, abbiamo alleggerit­o le prove in buona fede ma agendo così abbiamo negato ai giovani un passaggio molto importante della vita

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