Le Bcc e la partita delle fusioni «Alla fine ne resteranno quattro»
I vertici del Credito Trevigiano e l’aggregazione in Terre Venete: «Stessi valori»
Nelle fasi iniziali, la ricognizione sulle possibilità di un’integrazione era stata compiuta fra le Bcc consorelle della provincia di Treviso. Ma soltanto lo scorso anno il Credito Trevigiano di Vedelago ha intercettato una pista praticabile, guardando al di là dei confini della Marca e così, entro la fine dell’anno, dalla fusione tra la Bcc vedelaghese e la Cra di Brendola (Vicenza) partirà l’esperienza di Banca delle Terre Venete, prima realtà regionale del sistema Iccrea.
A ripercorrere gli step del percorso è il presidente Piero Pignata, facendo risalire il primo confronto al 2016. «Allora il dialogo era con la Bcc di Monastier e del Sile (di recente aggregata con la Bcc Pordenonese, ndr) ma anche quell’istituto, come noi, era da poco uscito da un’amministrazione straordinaria e dunque non è stato ritenuto opportuno unire soggetti ancora convalescenti. Due anni più tardi abbiamo trattato con Banca della Marca ma la differenza di dimensione (a netto favore di quest’ultima), non avrebbe garantito uno sviluppo equilibrato nei territori di elezione. Con la Cra vicentina, invece, è stato individuato un interlocutore portatore di valori simili, su un territorio omogeneo per cultura e caratteristiche delle imprese».
Terre Venete avrà 14 mila soci e 60 sportelli, senza sovrapposizioni fra le due reti originarie, in 49 comuni di cinque province, 120 mila clienti e 450 dipendenti.
Il maggior peso di Brendola (a parità di filiali e dipendenti, 70 mila dei 120 mila clienti totali sono riferiti alla Cra, così come 1,9 miliardi di raccolta sui 3,5 totali) porterà quest’ultima
Le Bcc si aggregano
Il presidente Piero Pignata (a destra) e il direttore generale Claudio Giacon hanno pilotato il Credito Trevigiano di Vedelago all’aggregazione con la Cra di Brendola a indicare il presidente della nuova banca, con tutta probabilità l’attuale leader, Gianfranco Sasso, mentre Vedelago esprimerà il vice vicario, e il nome sarà quello di Pignata. Rispetto al direttore generale, vi sono ampie possibilità che si converga su Claudio Giacon, oggi dg del Credito Trevigiano.
Il quale, volgendo lo sguardo sull’intero sistema delle Bcc venete, pronostica a breve «varie altre aggregazioni, essendo comune a tutti l’esigenza di una ottimizzazione dei costi, così come è evidente – aggiunge - la necessità di affrontare grandi investimenti in materia di digitalizzazione e di strumenti di operatività bancaria». Sullo scenario da qui a cinque anni, le previsioni dei diversi analisti sono più o meno radicali ma anche i vertici della Bcc di Vedelago non si direbbero sorpresi se l’assetto conclusivo vedesse in regione non più di quattro istituti, due aderenti al gruppo Iccrea e due in quota Cassa centrale banca di Trento. Geograficamente, due a presidiare il Veneto Orientale (Treviso, Venezia e Belluno) e gli altri due i quadranti rimanenti.
Uno scenario che rende a sua volta inevitabile una revisione profonda del senso e della funzione dell’attuale Federazione veneta delle Bcc. «È noto che si va verso una scissione secondo la linea che distingue le banche di Iccrea da quelle di Ccb – prosegue Pignata – e che verranno spartiti i patrimoni, compreso quello rilevante generato dalla cessione della partecipazione in Nef (il fondo di gestione del risparmio di riferimento per il credito cooperativo, ndr). Il mio auspicio è che si trovi il modo di impiegare queste risorse a favore degli associati, per esempio dedicandole a iniziative di formazione del personale».
Per tornare alle emergenze del presente, Credito Trevigiano intanto dà conto delle pratiche evase «in tempi medi inferiori alle 48 ore» rispetto ai finanziamenti garantiti dallo Stato fino a 25 mila euro (poi diventati 30 mila), a favore delle aziende toccate dal lockdown: «Abbiamo fatto una scelta a monte – sottolinea Giacon - per sburocratizzare ed evitare l’arrivo di quantità enormi di domande difficili da gestire. È stata cioè analizzata la nostra base di clienti per individuare le aziende che potenzialmente avrebbero potuto essere interessate alla liquidità, alle quali è stata inviata una lettera simile a una proposta commerciale. Le istanze pervenute sono state poco più di un migliaio e soltanto a una decina di esse è stata data risposta negativa, soltanto perché il richiedente non aveva il pre-requisito fondamentale di essere in bonis».
Pignata La Federazione regionale verso una scissione, le risorse vadano alla formazione
Giacon È comune a tutti gli istituti l’esigenza di fare forti investimenti nel digitale