«Le “baciate”? I dirigenti agivano alle nostre spalle»
Domenichelli in aula: «Noi tenuti all’oscuro»
Bankitalia, dopo l’ispezione nel quartier generale di via Framarin nel 2012, si era addirittura «complimentata per il sistema di controllo di Banca Popolare di Vicenza, anche eccessivo per il tipo di banca», e il consiglio di amministrazione, di suo, «confidava nei suoi dirigenti, nutriva grande fiducia nell’organo direttivo». Per questo nel 2015, quando gli ispettori di Bce iniziarono a scoprire le «magagne» interne e soprattutto le operazioni baciate, con un miliardo di capitale finanziato, «qualcuno all’interno del Cda dubitava, si preoccupava che la cifra fosse corretta, tutti stupiti, perché nessuno mai aveva pensato che esistesse un fenomeno di questo tipo, mai segnalato, e non si capiva chi potesse averlo creato». E non c’era da esultare se Bpvi era poi riuscita a superare, sia pure «per il rotto della cuffia», gli stress test: «Sono stati l’inizio della fine».
Ha risposto colpo su colpo dal banco dei testimoni alle domande di avvocati e pubblica accusa Vittorio Domenichelli,
consigliere di amministrazione Bpvi dal 2009 al 2016 e presidente del Comitato rischi dal 2013. Un’audizione fiume, quella dell’avvocato e professore universitario padovano, nel corso della penultima udienza del processo per il crac Bpvi prima della pausa estiva. Ore e ore a riferire di come non aveva «mai sentito parlare di finanziamenti per l’acquisto di azioni nei Cda, di come veniva assicurato che il fondo per l’acquisto di azioni proprie funzionava».
Le baciate (e non solo)
emergono nel 2015, con gli ispettori Bce in casa. «Il presidente Gianni Zonin mi chiamò dicendomi che Emanuele Gatti (capo degli ispettori Bce) sospettava che il direttore generale Samuele Sorato avesse le mani in pasta con i fondi lussemburghesi». Un tradimento, insomma: «Zonin si mostrò sempre sorpreso e critico sulla politica commerciale, messa in atto dai dirigenti alle nostre spalle. Era deluso dai dirigenti, che non avevano ritenuto di informarci». Il professore, che risulta tra i membri del Cda sanzionati da Consob e tra i 21 indagati per i quali è stata chiesa l’archiviazione al gip, incalza: «Se solo avessi subodorato questo fenomeno, lo avrei approfondito, avrei chiesto lumi» Parla delle baciate, scoperte ufficialmente solo a maggio 2015, quando Massimo Bozeglav, l’ex capo dell’internal audit, su richiesta di Bce individua 50 milioni di euro di capitale finanziato, lievitati a un miliardo appena tre mesi dopo, quando un corposo report viene presentato al Cda. «Ho chiesto a Bozeglav perché non me ne avesse parlato prima e mi ha risposto che non era sicuro, che non sapeva l’entità del fenomeno, imbarazzante». Emergono anche le lettere di impegno per il riacquisto delle azioni. «Scoprivamo una realtà nuova - dice Domenichelli -, lettere firmare da irresponsabili: non si può impegnare la banca a ricomprare le azioni, non è un obbligo ma caso mai una facoltà».