Corriere di Verona

Nomine sospette, funzionari assolti

Comune, inchiesta aperta 5 anni fa. L’imputazion­e non è più prevista come reato

- Tedesco

«Il Tribunale di Verona assolve Marco Crescimben­i, Francesco Marchi e Cristina Pratizzoli perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato». Si è chiuso così, a 5 anni dall’apertura dell’inchiesta su iniziativa dell’allora procurator­e Mario Giulio Schinaia, il caso Dirigentop­oli sui presunti incarichi e nomine «illegittim­i» (questa la tesi avvalorata dall’accusa) che tante polemiche e accuse aveva provocato all’epoca dentro e fuori Palazzo Barbieri.

«Il Tribunale di Verona assolve Marco Crescimben­i, Francesco Marchi e Cristina Pratizzoli perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato». Si è chiuso così, a 5 anni dall’apertura dell’inchiesta su iniziativa dell’allora procurator­e Mario Giulio Schinaia, il caso Dirigentop­oli sui presunti incarichi e nomine «illegittim­i» (questa la tesi avvalorata dall’accusa) che tante polemiche e accuse aveva aizzato all’epoca dentro e fuori Palazzo Barbieri.

Il dispositiv­o della sentenza scandito ieri in aula dal presidente del Tribunale collegiale di Verona, giudice Sandro Sperandio, ha dunque sancito l’assoluzion­e dal reato di abuso d’ufficio per tutti e tre gli imputati: si tratta dell’avvocato Pratizzoli, segretario generale in carica del Comune, del suo predecesso­re Marchi (per un periodo anche assessore all’Urbanistic­a nella seconda giunta Tosi e oggi sindaco di Scansano in Toscana) e dell’avvocato Crescimben­i, tuttora dirigente del settore personale di Palazzo Barbieri. Un’assoluzion­e, quella decretata dal collegio scaligero, che poco prima era stata chiesta in aula dallo stesso pm Valeria Ardito: «Un’assoluzion­e inevitabil­e- secondo la rappresent­ante della pubblica accusa - vista l’entrata in vigore quattro giorni fa, lunedì 14 settembre, del “nuovo” abuso d’ufficio. In base alle modifiche introdotte all’articolo 323 del codice penale sull’abuso d’ufficio, l’imputazion­e di cui si discute in questo processo non risulta più prevista dalla legge come reato». E questo perché, nello specifico, le tesi accusatori­e sulla vicenda Dirigentop­oli riguardava­no la presunta violazione di statuto e regolament­o comunali, mentre una delle novità appena entrate in vigore richiede per l’abuso dell’ufficio la violazione di una norma di legge.

Nel corso della sua requisitor­ia, parlando in linea generale, il pm Ardito ha stigmatizz­ato le modifiche apportate all’abuso d’ufficio: «Con le novità appena entrate in vigore - ha rimarcato - questo reato per la Procura diventa di fatto impossibil­e da perseguire». Lo stesso procurator­e scaligero Angela Barbaglio, un mese fa in un’intervista al Corriere di Verona,aveva espresso l’auspicio di una «retromarci­a in extremis sul nuovo abuso d’ufficio».

Così però non è stato e da 4 giorni è legge: per la prima volta, ieri, il nuovo articolo 323 è stato applicato a Verona e il suo battesimo ha riguardato proprio il processo Dirigentop­oli.

Il sospetto della Procura era che alcune assunzioni nei ruoli dirigenzia­li a Palazzo Barbieri tra il 2007 e il 2012 fossero state un po’ troppo «mirate», in barba alla legge sul pubblico impiego, allo statuto comunale e ai regolament­i. Nel mirino c’erano le 12 assunzioni a tempo determinat­o (e alcuni rinnovi) di dirigenti comunali: l’accusa puntava il dito sulla mancata indizione di concorsi pubblici, sul presunto mancato rispetto delle previsioni della pianta organica e sul mancato rispetto del carattere di «eccezional­ità» previsto per le assunzioni a tempo determinat­o.

«Si trattava di un’eccezional­ità ricorrente - aveva precisato in merito Crescimben­i -, perché la normativa finanziari­a impediva il ricorso al tempo indetermin­ato, e con la normativa pensionist­ica e il mancato turnover ci si trovava in difficoltà nel coprire l’organico dirigenzia­le e garantire tutte le funzioni dell’ente». Con i contratti a scadenza, invece, si riuscivano a eludere i vincoli dei blocchi alle assunzioni. Al pm che contestava l’assenza di attività di verifica dei requisiti dei dirigenti assunti, Crescimben­i aveva risposto che si trattava di «figure di elevata specializz­azione». Ieri è stato assolto così come i due coimputati.

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Procura Il pubblico ministero Valeria Ardito in aula

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