Esplosione nella palazzina satura di gas Aveva detto: «Se mi sfrattano mi uccido»
L’Agec aveva avviato il provvedimento di decadenza
Nemmeno la notizia, ora certa, che lo vuole lasciare quell’appartamento nel giro di qualche mese è riuscita a rasserenare gli animi dei vicini di casa. Nemmeno il dettaglio di lui ricoverato, in gravi condizioni, al centro ustionati di Borgo Trento suscita quella pietà in grado di placare per qualche istante la rabbia covata da decenni. Tutti in via San Giovanni in Valle conoscevano Anselmo Menegazzi e nessuno lo descriverebbe mai come il classico vicino che «salutava sempre». Una lunga storia di denunce, comitati più o meno ad hoc, battaglie petizioni, all’Agec, l’ente comunale proprietario dell’immobile, così come al Comune. Negli uffici il fascicolo dedicato a lui, cinquantenne senza lavoro e seguito dai servizi psichiatrici dell’Usl, era cresciuto fino a diventare un faldone. E quel faldone era arrivato a pesare così tanto da diventare il discrimine con cui, dopo tanti rinvii, dopo tanta indecisione, la stessa Agec aveva deciso di liberarsi di quell’inquilino. Non uno sfratto ma un «provvedimento di decadenza dall’alloggio». Significa che Menegazzi non aveva più diritto a vivere nell’alloggio a canone convenzionato, a partire dal prossimo rinnovo di contratto, e questo, precisa sempre Agec «a causa della sua condotta». Insomma il cattivo rapporto con i vicini alla fine è stato determinante.
La lista dei gesti di «ordinaria follia» imputata a Menegazzi è lunghissima. C’è il vicino che ricorda quando gli entrato in casa minacciandolo di morte per screzi che aveva avuto nei giorni prima. C’è l’altro inquilino che ricorda con orrore le volte in cui «parcheggiava la macchina troppo vicino alla sua, o nel posto che riteneva sbagliato». In questo caso la punizione che si rischiava era il taglio delle gomme. Gomme che venivano tagliate anche agli inconsapevoli ospiti che varcavano il cancello di quell’antichissimo edificio – si dice che le mura esterne risalgano al Medioevo – non accettava che degli estranei, anche se invitati, potessero avere accesso alla sua proprietà. Non che entrando a piedi il problema venisse aggirato più di tanto: allora il rischio era «solo» quello di essere presi a insulti. Ecco perché, tutti quelli che abitano in quel condominio di via San Giovanni in Valle era soliti uscire per accompagnare i loro ospiti alla porta. Il taglierino – è quanto raccontano sempre i vicini di casa – era un oggetto da cui Menegazzi non si separava mai. A volte lasciava segni sulle porte, un altro avvertimento. A volte, con lo stesso attrezzo in mano inseguiva postini e ragazzi che volevano semplicemente consegnare i volantini. L’ultima scenata risale a qualche giorno fa: dopo aver ricevuto l’ingiunzione di lasciare la propria casa, il cinquantenne era uscito spaventando gli avventori dei bar di piazza Isolo. «Se mi cacciano da quella casa mi uccido, faccio casino», avrebbe detto. Sarà sufficiente come confessione? Spetterà a chi indaga sulla vicenda chiarire il tutto. Resta in molti l’amarezza per qualcosa che poteva, forse, essere evitato. «Le segnalazioni fatte in questi anni erano innumerevoli – spiega Andrea Campolongo, presidente del comitato per la valorizzazione di San Giovanni
in Valle – la risposta è stata sempre la stessa: che non era una persona pericolosa, che il fatto che lui fosse un paziente psichiatrico non doveva preoccupare perché non manifestava sintomi». Palazzo Barbieri (sul posto, ieri mattina il sindaco Federico Sboarina, ma la questione è stata seguita anche dall’assessore ai Servizi sociali, Daniela Maellare) sottolinea che l’uomo non era stato preso in carico dagli assistenti sociali del Comune e che non poteva avere voce in capitolo sull’assegnazione dell’alloggio Agec. Resta un’ultima stranezza: Menegazzi, con un amministratore fiduciario ed economicamente sicuro grazie a un’eredità, avrebbe avuto i soldi per poterselo comprare, quella casa a cui tanto teneva. E forse non aveva più da tempo nemmeno i requisiti economici per poterci rimanere.
Rapporti pessimi Anni di tensioni, minacce e dispetti I vicini: ci dicevano che non era pericoloso