Le minacce, poi l’esplosione
Terrore in una palazzina a San Giovanni in Valle, ustionato grave un inquilino con problemi psichiatrici: avrebbe causato lui la fuga di gas
Un tremendo boato che squarcia la quiete di un venerdì mattina come tanti a San Giovanni in Valle. E una nuvola di fumo nero che, in breve tempo, si alza su Veronetta. Ad ardere è il civico 11 di Corte del Duca, una palazzina dell’Agec dove l’esplosione, poco dopo le 8, ha divelto le finestre lasciando una scia di fuliggine sulla facciata e pezzi di vetro sparsi per terra. Alcuni residenti, bloccati in casa dalle fiamme, bagnano terrorizzati dei panni e li mettono sulle porte per non far entrare il fumo, gli altri che riescono ad uscire osservano sbigottiti ciò che sta accedendo attorno a loro. «Non ho mai avuto paura in vita mia, ma oggi ne ho avuta tanta», dice ancora scosso Luigi Corsini, storico papà del gnocco 1989 residente nella corte. La sua compagna spiega di essersi «svegliata verso le 7: ho sentito un forte odore di gas e ho controllato il fornello, ma era a posto. Poi lo scoppio. È stato come essere in guerra. Allora ho chiamato i carabinieri».
Le notizie frammentarie che arrivano nei primi minuti successivi all’onda d’urto parlano di un esplosione in uno degli appartamenti, forse per una perdita di gas. Le molte chiamate ai centralini dei vigili del fuoco e del 118 fanno pensare al peggio. Vengono, quindi, mobilitate forze e mezzi come per le maxi emergenze. I pompieri giungono sul posto con 18 uomini, due autopompe, un’autobotte, un’autoscala e quattro fuoristrada, mentre il personale di Verona Emergenza manda in zona due operatori per coordinare l’emergenza coadiuvati dal direttore della centrale operativa del Suem 118, Adriano Valerio, che, nel frattempo, allerta tutto il personale, anche quello a riposo, e prende contatto con i centri ustioni e le terapie intensive regionali per trovare eventuali posti letto liberi, nel caso ci siano molti feriti.
Fortunatamente, una volta sul posto, soccorritori accertano che non ci sono vittime. Il ferito più grave, Anselmo Menegazzi, 50enne residente nell’appartamento al piano terra, da dove è partita l’esplosione, viene trasportato d’urgenza all’Ospedale di Borgo Trento, dove si trova al momento ricoverato in prognosi riservata. I pompieri recuperano anche l’86enne che vive al piano di sopra, obbligata a letto per un femore fratturato, ma trovata in buone condizioni di salute. E altre quattro persone vengono medicate. Nel frattempo, i servizi sociali del Comune provvedono a ricollocare le famiglie residenti nei sei appartamenti che sono stati dichiarati inagibili dai vigili del fuoco.
A ripercorrere con un misto di rabbia e commozione quei momenti da incubo, c’è anche Stefano Pittari, 20enne che abita con la madre al secondo piano dell’edificio: «Ho pensato a un terremoto, finché non ho visto le fiamme e il fumo. Non potevamo uscire. Così ho preso le mascherine antigas acquistate per il Covid-19. Ci siamo messi alla finestra per respirare e ho visto Anselmo nudo che stava andando a fuoco: aveva perso tutti i capelli e la maglietta era tutt’uno con la pelle. Grazie a Dio, sono arrivati i pompieri».
Sulle cause e la dinamica dell’esplosione stanno ora indagando i carabinieri insieme al Nucleo investigativo territoriale antincendi dei vigili del fuoco, ma per i residenti non ci sono dubbi: sarebbe stato Menegazzi a causare l’esplosione. Pittari spiega, dunque, il difficile rapporto tra il 50enne in cura al Centro di salute mentale di via Toti per problemi psichiatrici, che vive da anni, con l’eredità della madre, nell’appartamento al piano terra, e i vicini di casa. «Ha fatto di tutto, anche minacciare di morte me e mia madre. È un pazzo. Avevamo fatto un comitato di quartiere per farlo andare via».