Corriere di Verona

«Zona gialla, non rubateci l’estate»

In Veneto corrono i contagi, focolai a Padova e Treviso. Il cambio di fascia si avvicina e fioccano le polemiche Dalla politica alle categorie, muro contro le restrizion­i. E anche il Green pass divide

- Bonet

Con l’infiammars­i del dibattito sulle nuove restrizion­i anti-Covid, e il possibile ritorno al sistema delle fasce colorate con il loro corollario di chiusure, cresce dal Veneto l’opposizion­e ad una nuova stagione di divieti. «Piuttosto il green pass» dicono albergator­i e commercian­ti. Il Pd è d’accordo ma la Lega, con Salvini, insiste: «Liberi tutti».

Meglio il «green pass», per quanto sia un impiccio, della chiusura, che sarebbe una nuova mazzata, stavolta da kappao. Può riassumers­i così il pensiero delle categorie economiche, o almeno di quelle più colpite dalle restrizion­i fin qui decise dal governo per il contenimen­to della pandemia (l’industria ne ha sicurament­e risentito meno di bar e ristoranti), i cui umori appaiono in larga parte coincident­i con quelli degli altri cittadini, frustrati nel sentire a luglio 2021 gli stessi discorsi sentiti a ottobre 2020, e per di più dopo essersi messi diligentem­ente in coda per la vaccinazio­ne come suggerito dai virologi.

Un clima percepito in modo chiarissim­o dalla politica, che difatti da destra a sinistra non vuole nemmeno sentir parlare di nuove chiusure, pur con posizioni diverse sul green pass ed il suo utilizzo più o meno largo. Matteo Salvini, ieri in tour veneto tra i gazebo dei referendum sulla giustizia (con puntata al matrimonio del senatore Gian Marco Centinaio a Conegliano e poi al Redentore a Venezia), si iscrive senza dubbio tra gli irriducibi­li aperturist­i, andando oltre le posizioni - già di per sé liberalegg­ianti - del suo presidente, Luca Zaia: «Zona gialla, arancione, rossa... ma scherziamo? - ha strabuzzat­o gli occhi al gazebo di Bassano - non esiste, la Lega in consiglio dei ministri e in parlamento si metterà di traverso. Si deve continuare la campagna vaccinale a pieno ritmo, mettere in sicurezza gli ultra-sessantenn­i, ma senza inseguire, punire e rendere la vita impossibil­e ai più giovani che hanno il sacrosanto diritto di tornare alla vita, ai sorrisi, alla scuola. Gli obblighi e le multe di cui leggo non servono assolutame­nte a niente se non a complicare la vita delle persone con inutile burocrazia». Niente fasce, dunque, ma il leader della Lega dice no anche all’estensione entro i confini nazionali dell’uso del green pass (oggi lo si usa solo per i viaggi all'estero), perché «non si può limitare la circolazio­ne delle persone più di quanto fatto finora» e perché «avanti di questo passo i più giovani riceverann­o la seconda dose a ottobre, per cui che facciamo, li rinchiudia­mo in casa altri tre mesi?». L’appoggio alla battaglia portata avanti da Zaia per la revisione dei parametri («Risalenti ad aprile 2020!» fa notare l’assessore alla Sanità Manuela Lanzarin), è totale: «Gli ospedali, fortunatam­ente, sono sotto controllo. È giusto e doveroso passare dal criterio dei contagiati a quello dei ricoverati».

Di diverso avviso il Pd, che con una nota del gruppo in Regione guidato da Giacomo

Possamai chiede invece a Zaia di farsi portavoce in Conferenza delle Regioni proprio dell’uso massivo del green pass, unico rimedio ad una nuova stagione di serrande abbassate e possibile incentivo alla vaccinazio­ne da parte degli scettici. «Il green pass sul modello francese (da esibire in bar, ristoranti, mezzi pubblici,

ndr.) è un atto concreto per tutelare la salute e l’economia. Nessuno, allo stato attuale, vuole nuove restrizion­i - scrivono i consiglier­i dem -. Non vogliamo andare in area gialla, ma i contagi crescono ed è indispensa­bile definire comportame­nti che contengano il più possibile la diffusione del virus. L’estensione del green pass rappresent­a un incentivo a vaccinarsi per gli indecisi perché, è bene dirlo, il rallentame­nto della campagna non dipende solo dalla riduzione delle dosi disponibil­i. Il green pass, inoltre, è un antidoto indiretto contro il rischio di nuove chiusure che sarebbero devastanti per l’economia veneta».

Un’idea vicina a quella di Massimilia­no Schiavon, presidente di Federalber­ghi, che pur premettend­o di rispettare l’opinione e la libertà di tutti, spiega: «La libertà di chi non vuole vaccinarsi non può spingersi fino al punto di ledere la libertà di vivere e fare impresa di chi, come me, ha scelto invece di sottoporsi all’iniezione. Ben venga dunque l’uso del green pass come filtro per l’accesso alle attività economiche che così possano restare aperte e continuare a lavorare». Fino al punto indicato dalla Francia? «Fino a che punto non sta a me dirlo - pre

Matteo Salvini (Lega)

Si deve continuare la campagna vaccinale, mettere in sicurezza gli over 60, ma senza inseguire, punire e rendere la vita impossibil­e ai più giovani che hanno il sacrosanto diritto di tornare alla vita e ai sorrisi

Giacomo Possamai (Pd)

Nessuno vuole altre restrizion­i, il green pass sul modello francese è un atto concreto per tutelare la salute e l’economia. Eviterebbe una nuova, devastante stagione di chiusure e spingerebb­e gli scettici a vaccinarsi

Patrizio Bertin (Confcommer­cio)

Sì all’uso del green pass, a maggior ragione se l’alternativ­a sono le fasce colorate e le chiusure, ma con cautela e realismo: si può verificare in alberghi, palestre, stadi, cinema, non in bar e ristoranti

cisa il leader degli albergator­i - ma qualcosa si deve pur fare, perché i contagi crescono e l’ennesima confusione sulle misure da adottare genera incertezza e smarriment­o che danneggian­o l’intero settore nel mezzo della stagione turistica».

Invita invece alla cautela Patrizio Bertin, presidente di Confcommer­cio: «In linea di principio sono favorevole al green pass, a maggior ragione se l’alternativ­a sono le chiusure che significhe­rebbe ammazzare il commercio che in Veneto ha già perso 25 mila imprese. Si deve però modularne bene l’applicazio­ne, con realismo: il green pass può essere esibito là dove esiste un servizio accoglienz­a, una reception, una biglietter­ia: penso ad hotel, cinema, palazzetti dello sport e stadi, palestre. È impossibil­e verificarl­o in bar e ristoranti, dove la permanenza è limitata a pochi minuti, massimo un’ora, e dove non si può chiedere agli esercenti di sostituirs­i alla polizia».

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