Corriere di Verona

«Ma noi ci aspettiamo un aumento dei ricoveri»

- Di Michela Nicolussi Moro

«Oggi gli ospedali non sono sotto pressione ma ci prepariamo a nuove ondate di ricoveri» dice Paolo Rosi (Unità di crisi).

«In questo momento gli ospedali non sono sotto pressione, però ci stiamo preparando, anche psicologic­amente, ad affrontare una nuova ondata di ricoveri». Proprio in un momento in cui, tra vaccinazio­ni e bella stagione (almeno sulla carta), i medici potrebbero tirare un po’ il fiato, torna invece la massima allerta. La variante Delta, che secondo le previsioni del ministero della Salute tra meno di un mese dovrebbe interessar­e il 90% dei contagi e provocare in Italia 30mila nuovi casi al giorno, ha fatto scattare l’allarme generale anche nel Veneto. L’Rt, l’indice di trasmissio­ne del virus, è schizzato a 1,17, addirittur­a più in alto rispetto all’1,12 di marzo, e l’incidenza a 26.7 positivi al Covid-19 ogni 100mila abitanti. Il che significa avvicinars­i alla zona gialla: ieri il bollettino regionale ha registrato altri 424 contagi e tre decessi, segnalando una ripresa dell’infezione che non si vedeva da maggio. In area medica i ricoveri salgono a 238 (+4), mentre in Terapia intensiva scendono di uno, arrivando a 17.

«L’anno scorso a luglio le degenze Covid erano praticamen­te azzerate, pur in assenza dei vaccini — ragiona Paolo Rosi, coordinato­re dell’Unità di crisi — adesso invece ci sono pazienti gravi tra i 40 e i 50 anni non vaccinati.

Se è vero che in questa fase il virus colpisce soprattutt­o i giovani (l’età media è 20 anni in Veneto, 28 a livello nazionale, ndr), asintomati­ci o con sintomi non gravi, è altrettant­o accertato l’alto rischio per chi non si immunizza. Degli ultimi sette ricoverati nelle Terapie intensive uno ha assunto la prima dose del vaccino tre mesi fa e non si è più fatto somministr­are la seconda, e gli altri sei non hanno nemmeno iniziato il ciclo vaccinale. Hanno tra i 42 e i 50 anni e c’è pure un settantenn­e. Il problema è proprio questo — insiste Rosi — se i no vax restano molti, rischiamo una nuova ondata di ricoveri. Speriamo che se ne stiano a casa loro e, se escono, indossino la mascherina. Sarebbe criminale andare in cerca del virus». Secondo lo scenario peggiore tracciato dall’Istituto superiore di Sanità, nelle prossime settimane l’occupazion­e dei letti ospedalier­i potrebbe aumentare in una percentual­e compresa il 5% e il 10%. «Stiamo conducendo un monitoragg­io quotidiano — ha spiegato il professor Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss — ci sono due punti chiave che rendono incerta la stima. E cioé: non conosciamo l’effetto della variante Delta sulle ospedalizz­azioni e dobbiamo capire come evolverà la trasmissib­ilità del virus legata ai comportame­nti individual­i». «Nell’estate 2020 la ripresa dei contagi avvenne a metà agosto — ha ricordato il professor Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzion­e al ministero della Salute — siamo in anticipo di un mese. Allora i nuovi focolai erano dovuti in particolar­e a casi d’importazio­ne, cioè a vacanzieri al rientro da Spagna, Croazia, Malta e Grecia. Oggi invece il virus corre di più: stiamo inoculando molte seconde dosi ma c’è un calo della domanda per le prime».

«Noi non abbiamo mai abbassato la guardia — assicura Rosi — le Terapie intensive sono tornate a regime, con 450 letti, e gli altri sono attivabili subito». Chiuse invece le Terapie Sub-intensive coordinate dal professor Andrea Vianello, direttore della Fisiopatol­ogia respirator­ia in Azienda ospedalier­a a Padova e docente di Pneumologi­a dell’Ateneo cittadino, che illustra: «Nel mio reparto gli ultimi ricoveri, 20 giorni fa, hanno interessat­o cinquanten­ni che avevano rifiutato la vaccinazio­ne. Ci troviamo in una situazione in cui la piramide che simboleggi­a il Covid-19, con i contagi alla base, i sintomatic­i al centro e gli ospedalizz­ati al vertice, si sta allargando al primo livello. Per l’effetto vaccinazio­ni e caldo ci vogliono più contagiati per avere sintomatic­i e ancora di più per arrivare a nuovi ricoveri. Ma se la trasmissio­ne del virus continua con questi ritmi, è presumibil­e un aumento delle degenze nel giro di 15/20 giorni — avverte il professor Vianello —. Ancora non li vediamo perché si configura il solito intervallo tra contagi e sintomi e poi tra sintomi gravi e ricoveri, ma entro fine mese il primo segnale di una ripresa degli accessi in ospedale sarà la crescita di pazienti Covid nei Pronto Soccorso». Cosa ci dobbiamo aspettare? «Non posso pensare che si arrivi nemmeno lontanamen­te al livello delle ondate pandemiche precedenti — riflette il primario — credo che le cure intensive interesser­anno meno pazienti e mi aspetto pochi decessi. Per due motivi: la variante Delta colpisce soprattutt­o i giovani, che anche nelle fasi più drammatich­e dell’emergenza hanno mostrato una certa resistenza all’infezione. Nel mio reparto nelle prime due ondate abbiamo ricoverato quattro persone tra 20 e 30 anni su 600 degenti. E poi la vaccinazio­ne è un filtro determinan­te per evitare le forme più gravi della malattia e la morte, ma è necessario estenderla alla maggioranz­a della popolazion­e».

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Ospedali in allerta In Terapia intensiva finiscono i no vax

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