«Ti piacciono gli sport violenti come il rugby?»
Il Valpolicella scrive a Giunti: «È falso»
Ti piacciono sport violenti come il rugby? E’ una domanda del test clinico di psicologia più usato al mondo. Una società di Verona lo contesta e guida la rivolta.
Detto di uno sport dove un fallo gratuito o volto a far male costerebbe a chiunque l’«emarginazione», il quesito suona effettivamente stonato. Parliamo della domanda numero 477 della versione italiana dell’Mmpi®-2, il questionario clinico più utilizzato al mondo per definire lo spettro della personalità. «Mi piace molto praticare sport violenti (come ad esempio il rugby)…», recita il test, cui bisogna rispondere vero o falso.
La notizia è che al Valpolicella Rugby, fondato nel 1974, circa trecento atleti e la prima squadra in serie A, cioè il secondo campionato dopo la Top10, è saltata la mosca al naso. E in una lettera firmata dal suo presidente Sergio RuzzeBussolengo, nente - e inviata giovedì scorso - il club ha chiesto alla casa editrice Giunti di «rivedere la dicitura della domanda nella versione italiana del test» vista «la visione fuorviante e penalizzante di un gioco che non merita tale etichetta denigratoria». Racconta Ruzzenente: «Lo spunto è arrivato da Giuliana Guadagnini, che collabora con noi come consulente in psicologia dello sport e ci ha segnalato quella domanda presente nel test. Non succede sempre, per fortuna, ma il rugby spesso viene presentato come uno sport violento. Una descrizione falsa perché parliamo di uno sport dove vige innanzitutto il rispetto per l’avversario, per le regole e per chi le fa rispettare cioè l’arbitro».
Spiega Guadagnini che «l’Mmpi arriva dagli Stati Uniti, è riconosciuto dagli anni Cinquanta, nel tempo è stato aggiornato e oggi è utilizzato a livello mondiale da noi psicologi perché fornisce lo spettro della personalità di un soggetto. Lo si adotta in diversi contesti, dal lavoro in studio a quello in carcere passando per gli affidi, e a volte vi si ricorre anche nella psicologia sportiva. Quella domanda, sulle circa 600 domande totali del test, è fuorviante: il rugby può essere definito uno sport aggressivo ma non “violento”, specie perché fondato sul rispetto di regole e avversari». Chiedere, per credere, a Francesco Ferrero, capitano del Valpolicella Rugby, classe ’95, veronese di
nel Valpo da quando aveva dieci anni: «Più che violento il rugby è uno sport di contatto, e dietro il contatto c’è della tecnica, perché l’obiettivo è arrivare alla meta: la violenza vera e propria non esiste perché non vai addosso all’avversario per fargli male bensì per avanzare. Ogni eventuale intervento violento è subito punito sia dall’arbitro sia dai tuoi stessi compagni. C’è una frase famosa: il rugby è uno sport da bestie giocato da gentiluomini». Risposte alla lettera? Per ora, nessuna. Intanto, se parliamo di palla ovale, va in meta una protesta — tanto educata quanto ferma — che parte da Verona.