Al via Biennale Danza Energie e contaminazioni
Il Festival diretto da Wayne McGregor dal 23 luglio all’1 agosto
Saranno dieci giorni all’insegna del multiculturalismo e della commistione dei linguaggi - dal 23 luglio all’1 agosto - quelli in cui si articola il 15esimo Festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale di Venezia. Il nuovo direttore, Wayne McGregor, punta sulla «trasformabilità» di una disciplina che si evolve in sintonia con i cambiamenti e le urgenze dei tempi, e oltre agli spettacoli dal vivo offre al pubblico un ventaglio di iniziative: dalle installazioni nate da ibridazioni artistiche, alle energie emergenti di Biennale College; dalla nutrita carrellata di opere filmate su e con la danza di ogni genere, alle collaborazioni fra discipline in seno alla stessa Biennale; dalle conversazioni con gli artisti dopo lo spettacolo in un caleidoscopio di visioni, racconti, saperi, alle commissioni di nuova danza per destinare risorse alle idee del Leone d’Argento del futuro e a un progetto a più voci sulla danza del domani.
I nomi degli artisti, «Radicals» secondo McGregor, sono quelli di Josef Nadj alla guida di otto danzatori provenienti da diversi Paesi dell’Africa che con danze, wrestling, rap, danza classica, discipline acrobatiche raccontano una storia di condivisione; alle radici delle culture mediterranee va Hervé Koubi, coreografo francoalgerino
con la sua compagnia multietnica e la vocalist ebreo-egiziana Natacha Atlas in Odyssey; dedicato al rimpianto performer Nigel Charnock è Best Regards dell’italiano Marco D’Agostin; le statunitensi Pam Tanowitz - danzatrice e coreografa - e Simone Dinnerstein, pianista, accompagnate dalla Pam Tanowitz Dance danno vita a
New Work for Goldberg Variations; mentre Olivier de Sagazan, artista francese di Brazaville presenta La Messe de l’Âne, che si rifà alla medievale festa dei folli; creazione della danzatrice basca Iratxe Ansa con l’italiano Igor Bacovich è Al desnudo, un originale laboratorio dinamico; il collettivo (La)Horde in coppia col dj francese Rone firma il grido di rabbia e sofferenza di un’intera generazione nell’adrenalinico A Room with a View; infine i due Leoni: quello d’Argento, Oona Doherty, a Venezia con Hard to be Soft – A Belfast Prayer, che mette in scena lo spaccato della comunità della sua infanzia a Belfast; e quello d’Oro, Germaine Acogny, pioniera della danza africana contemporanea, che in Somewhere at the Beginning (spettacolo inaugurale il 23 luglio alle 21 alle Tese dell’Arsenale) va alle radici della sua terra d’origine.
Tre opere installative sperimentali saranno visibili lungo tutto il Festival, Not Once, Tom e Future Self, ospitate all’interno della 17. Mostra Internazionale di Architettura sotto il titolo «Embodied Action»: «Per quanto diverse e sorprendenti – spiega McGregor - le tre installazioni parlano tutte del problema centrale «How will we live together»? Come vivremo insieme? interazione, dialogo, condivisione come fondamentali bisogni umani». Info su www.labiennale.org.
Inaugurazione con «Somewhere at the beginning» di Acogny