Un caso i medici autovaccinati
Dubbi e sospetti, il dg Flor: «Controlleremo se hanno detto il vero e se serve andremo in procura»
Dopo infiniti appelli a vaccinarsi e nonostante l’obbligo per i sanitari sia scattato per decreto dal 1 aprile scorso, sono ancora centinaia i medici veneti che non si sono sottoposti neppure alla prima dose. Fra i casi sotto la lente ora che c’è anche l’«autovaccinazione». Dichiarazioni di dottori che la Regione è intenzionata a verificare attentamente. I dubbi sulla reale di un’autocertificazione difficile da verificare sono molti e il dg Flor annuncia: «Se serve andremo anche in procura».
Passato il tempo degli appuntamenti presi e disdetti con le scuse più fantasiose, per i medici e i sanitari non ancora vaccinati contro il Covid nonostante l’obbligo scattato col decreto del primo aprile, non è più possibile fare melina. Tanto che le prime lettere di sospensione sono partite. Sul tavolo, per gli irriducibili, restano le «motivazioni» definitive passate al vaglio delle Commissioni istituite in ogni Usl ma anche nei consigli degli Ordini professionali. Inevitabile il coinvolgimento anche delle associazioni sindacali. Si tratta di medici che non hanno evidentemente aderito alla prima campagna vaccinale scattata il 27 dicembre scorso proprio per i sanitari come target prioritario delle immunizzazioni. In molti casi non ci si è vaccinati subito perché già malati proprio di Covid-19 ma anche per altri problemi di salute poi risolti. Le successive «chiamate alle armi» non sono mancate e i solleciti, vieppiù formali, dopo l’approvazione del decreto che ha introdotto l’obbligo si sono moltiplicati fino a qualche settimana fa quando i nodi sono arrivati al pettine. Un gruppetto relativamente ristretto di medici ha tentato il tutto per tutto portando all’attenzione delle commissioni competenti nelle Usl di residenza, le «motivazioni» che li hanno condotti a non farsi vaccinare.
Filtra così, fra gli altri, il caso dei medici che dichiarano di essersi «autovaccinati». L’ipotesi è che si tratti soprattutto di medici di medicina generale che potenzialmente hanno accesso alle dosi fornite loro per le vaccinazioni agli assistiti. Il sospetto è che, di fatto, si tratti di una scusa, per altro non facilmente verificabile. Inoltre se si dimostrasse che un medico si è auto vaccinato si potrebbe dedurre, ad esempio, che abbia «sottratto» una dose ai suoi assistiti. Di formale non c’è nulla ancora perché sull’intera vicenda pesa, in una qualche misura, anche la questione della privacy. Il dg della sanità veneta, Luciano Flor, confermando indirettamente la vicenda, si limita a un commento quasi laconico ma non per questo meno esplosivo: «Casi come questi ora li verificheremo uno per uno, a partire dal caricamento dei dati sulla presunta autovaccinazione. Li verificheremo anche con gli Ordini professionali. E, se servirà, anche con le procure competenti».
Linea dura, anzi, durissima per tutti i no vax. In totale si parla di 583 dirigenti medici su 10.400 non ancora vaccinati (vaccinato il 92,5%). 207 fra pediatri di libera scelta, medici di medicina generale e specialisti su oltre 3.000 (vaccinato il 93,3%). Numeri riferiti ai soli medici. Nei ruoli amministrativi e nel comparto la vaccinazione è arrivata rispettivamente all’87 e all’84%, i farmacisti, chimici, fisici ecc. arrivano al 90%. L’identikit del medico che rifiuta la vaccinazione parla prevalentemente di una fascia d’età dai 40-60 anni. Per alcuni di loro fra ieri e oggi sono partite una quarantina di lettere di sospensione nel Vicentino e una cinquantina nel Trevigiano. Poi ci sono gli infermieri, in cui la percentuale di vaccinazione si è fermata all’84%. Non ci sono dati precisi sugli Oss.
Sul tema è un tutti contro tutti, anche fra le diverse sigle sindacali. Maria Teresa Turetta, segreteria del sindacato di base Cub Veneto, ieri ha dichiarato: «I lavoratori della Sanità, ovvero gli “eroi” della pandemia, ora saranno decimati perché sospesi dal servizio in quanto non intendono, per vari motivi, sottoporsi al ricatto “o ti vaccini o ti tolgo il salario”. Come sindacato ci siamo schierati a fianco dei sanitari che si ribellano. La sospensione dal salario e dal servizio introdotta dal Decreto 44/2021 è totalmente deregolamentata dai contratti nazionali e dalla normativa del Pubblico Impiego e del lavoro privato». Turetta spiega come l’etichetta di «no vax» non si adatti a medici che «se avessero la certezza che il vaccino proposto contro il Sars Cov 2 garantisse realmente l’immunità, sarebbero i primi a vaccinarsi». Agli antipodi la posizione della Cgil di Venezia con Ugo Agiollo, segretario
Cgil, e Daniele Giordano, segretario Fp Cgil, che stigmatizzano le valutazioni in corso sul far rimanere in servizio il personale non vaccinato in sanità sottoponendolo a tampone molecolare ogni 48 ore. «Rendere non più obbligatorio il vaccino vorrebbe dire dare una batosta pesantissima alla campagna vaccinale, umiliare coloro i quali, seppur non convinti, si sono vaccinati anche nell’interesse della popolazione più fragile, e riconoscere implicitamente che il tampone, i cui costi sarebbero a carico della collettività, può sostituire la protezione del vaccino», attaccano i due dirigenti Cgil. Dal consiglio regionale, infine, il capogruppo del Pd, Giacomo Possamai, difende a spada tratta l’obbligo: «Sospendere il personale sanitario che non si vuole vaccinare crediamo doveroso a tutela della salute pubblica». Le polemiche non si placano ma il cerchio sui sanitari No Vax ormai si sta inesorabilmente stringendo.