Dieta paleolitica alitosi e allergie Tutte le scuse
L’Ordine professionale: «Se non è dimostrabile è falso in atto pubblico». Dati incrociati con i vaccini degli assistiti
Sui tavoli delle commissioni create ad hoc nelle aziende sanitarie venete per l’applicazione dell’obbligo vaccinale ai sanitari sono arrivate almeno sette dichiarazioni di medici che recitano: «mi sono auto vaccinato». Le ultime due ieri, altre due lunedì. Una «motivazione» che sta andando per la maggiore negli ultimi giorni utili per non vedersi recapitare il provvedimento di sospensione dal lavoro. E dallo stipendio.
Il caso, sollevato ieri dal Corriere del Veneto, ha visto, dopo la presa di posizione del dg della Sanità regionale, il dottor Luciano Flor, anche la reazione netta dell’assessore regionale Manuela Lanzarin («li verifichiamo uno per uno e poi portiamo tutto nelle sedi competenti, incluse le procure») e del presidente della Regione Luca Zaia. «Medici che si dichiarano auto vaccinati? Io difendo la maggioranza dei nostri medici che sono bravissimi ma sono emerse alcune anomalie che saranno rimesse alla Magistratura».
Trapela che i primi a rimanere sbigottiti rispetto a quest’ultima «motivazione» sono stati proprio i commissari delle Usl già alle prese con l’analisi di svariate condizioni di salute addotte dallo zoccolo duro dei medici no vax (ne riferiamo nel secondo articolo in questa pagina ndr). Sbigottiti perché se si appurerà che si tratta di una «scusa» la faccenda acquisirà risvolti penali non di poco conto. Ieri a Vicenza è stata pubblicata la delibera che sospende altri 38 sanitari. Il tempo sta per scadere. E sul tempo contano alcuni sanitari riottosi ormai prossimi alla pensione. Le ripercussioni dei casi che verranno accertati saranno, infine, a cascata. È già in previsione l’incrocio fra sacche di popolazione non vaccinata e medici di medicina generale contrari ai vaccini. Facile supporre che la verifica incrociata partirà proprio dai medici di base che non hanno ottemperato all’obbligo. La faccenda, per i medici che avessero dichiarato l’auto immunizzazione e non potessero provarla, non finirebbe con la «sola», si fa per dire, sospensione dal lavoro. Gli elenchi dei sanitari no vax, medici e infermieri, saranno poi trasmessi ai rispettivi ordini professionali che, con un provvedimento amministrativo, certificheranno la perdita dei requisiti per esercitare la professione. Ovunque.
«Non saprei dove possano essersi auto vaccinati, - ragiona Francesco Noce che è alla guida della Federazione Regionale degli Ordini dei Medici - a meno che non si siano vaccinati all’estero. Se poi parliamo dei medici di base, anche in quel caso avrebbero dovuto inserire la propria vaccinazione nella piattaforma vaccinale ma risulterebbero vaccinati... Se poi si dovesse verificare ci sarebbe sempre il dosaggio anti corpale. In ogni caso, se si trattasse di dichiarazioni non verificate diventerebbe falso in atto pubblico, è un reato». E se davvero entrassero in campo le procure, il procedimento penale sarebbe poi d’ufficio trasmesso al consiglio dell’ordine provinciale di appartenenza che provvederebbe, a quel punto, spiega ancora il dottor Noce, a istruire un procedimento disciplinare. «È il consiglio che deciderà, - chiude Noce - ma certamente è una cosa grave». Non ci va leggero neppure Maurizio Scassola, segretario Fimmg Veneto: «Dire d’essersi auto vaccinati è un’affermazione molto particolare... non credo sia mai successo nella storia moderna. I risvolti penali in caso di dichiarazione mendace ci sono. Spero che questi colleghi possano dimostrare con il numero di vaccino di essersi auto inoculati. Credo che l’opinione pubblica, i colleghi e i pazienti abbiano diritto ad avere chiarimenti. Auspico che siano gli stessi colleghi a farsi fare un prelievo anti corpale, sarebbe una bella dimostrazione di trasparenza rispetto a una situazione abbastanza nebulosa».
Resta il problema di come coprire i servizi sanitari a fronte delle sospensioni ormai in itinere. Ieri pomeriggio Lanzarin ha partecipato alla Commissione straordinaria Salute con i colleghi delle altre regioni per stabilire una linea comune. «In caso si rischiasse l’interruzione di pubblico servizio - chiosa pragmatico il dg veneziano Edgardo Contato - si potrebbe riflettere sull’obbligo di tampone nelle 48 ore precedenti». Lanzarin aggiunge: «Pensiamo a un medico di base, se fosse sospeso chi seguirebbe i suoi assistiti»?