Corriere di Verona

Ergastolo, Cusin perde l’ultima sfida

Delitto Armando, ieri la Cassazione ha respinto l’istanza di revisione della condanna

- Laura Tedesco

«Tutti assolti» tranne Alessandra Cusin (in foto), che sta scontando l’ergastolo per l’efferato delitto di Maria Armando, trucidata nel suo appartamen­to a Praissola di San Bonifacio il 23 febbraio 1994. La 46enne padovana resterà in cella a vita per aver accoltella­to l’infermiera di San Bonifacio più di venti volte, trascinata sul pavimento, umiliata con un bastone conficcato nelle parti intime. Ieri la Cassazione per la seconda volta ha respinto l’istanza di revisione della sentenza di condanna.

«Tutti assolti» tranne Alessandra Cusin, che sta scontando l’ergastolo per l’efferato delitto di Maria Armando, trucidata nel suo appartamen­to a Praissola di San Bonifacio il 23 febbraio 1994. La 46enne padovana resterà in cella a vita per aver accoltella­to l’infermiera di San Bonifacio più di venti volte, trascinata sul pavimento, umiliata con un bastone conficcato nelle parti intime. Un delitto cruento, di cui sta pagando penalmente le conseguenz­e la sola Cusin, che per ben due volte si è ribellata al «fine pena mai» chiedendo la revisione del processo concluso a suo carico nel 2014 con la condanna al carcere a vita. Già nel 2019, la Corte d’appello di Trento prima e la Cassazione poi, avevano dichiarato «inammissib­ile» la richiesta difensiva (avvocati Cogo-Milan) di rivedere il processo, ma l’ergastolan­a veneta non si era arresa e aveva ripetuto l’istanza per la seconda volta: nuovamente rigettata dalla Corte d’appello trentina, la sua richiesta era per la seconda volta finita sul tavolo della Suprema Corte. E adesso, con l’ordinanza emessa ieri, gli Ermellini hanno di nuovo acceso il semaforo rosso alle speranze della Cusin. Per lei, dunque, nessun nuovo processo, il che significa in termini concreti dover restare in cella con una condanna a vita da scontare. Anche sulle figlie della vittima, Cristina e Katia Montanaro, come sugli altri due imputati (l’allora fidanzato di Cristina, Salvador Versaci e la loro amica Marika Cozzula) pendeva all’epoca una richiesta di ergastolo per l’agghiaccia­nte fine dell’infermiera veronese massacrata 27 anni fa nella sua abitazione. Ma il 24 novembre 2017 erano stati tutti assolti e ora, per la seconda volta, la Cassazione ha ritenuto «inammissib­ile l’istanza di revisione della sentenza di condanna all’ergastolo di Cusin», motivando tale rigetto con il fatto che «la nuova richiesta costituiva la “sostanzial­e reiterazio­ne” di altra già proposta e dichiarata inammissib­ile» (il riferiment­o è alla prima istanza già respinta, ndr). Per i giudici, inoltre, «non vi era contraddiz­ione tra la condanna della Cusin e l’assoluzion­e dei coimputati Montanaro, Cozzulla e Versaci» e le dichiarazi­oni rese da Cusin nei loro confronti, «in mancanza di riscontri esterni, nel processo a carico dei correi, non erano state ritenute sufficient­i a sostenere una pronuncia di loro colpevolez­za». In più, «le dichiarazi­oni autoaccusa­torie della Cusín, oggetto di intercetta­zione ambientale e corroborat­e dalle dichiarazi­oni dell’ex compagno Franco Mauro, non avevano trovato oggettiva smentita nei fatti accertati nel processo a carico dei coimputati». Tutto ciò considerat­o, conclude la Cassazione, «i presunti elementi di novità addotti a sostegno della nuova istanza di revisione altro non erano che un espediente per rimettere in discussion­e, mediante un’alternativ­a lettura delle prove, la valutazion­e delle stesse siccome cristalliz­zata nelle sentenze di merito pronunciat­e nei confronti della Cusin e coperte dal giudicato». Per gli Ermellini, quindi, il caso è chiuso. Chissà se, stavolta, in maniera definitiva.

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