DIAMO DIGNITÀ AL LAVORO
«Dovremo chiudere le fabbriche perché non troviamo tecnici». Lo disse tre anni fa Pietro Sottoriva, presidente degli industriali dell’Alto Vicentino. Un mio ex collega ed io, 70 anni di sindacato in due, sentivamo dagli imprenditori ogni ragione e scusa per chiudere. Ma questa, mai. Eppure Sottoriva aveva ragione. Poi c’è stato il Covid, ma appena fuori siamo sempre lì. Gli artigiani di Treviso cercano 200 operai specializzati, ricevono offerte solo per impiegati: chi fa girare le macchine? Si è aperta la caccia, a colpi di centinaia di euro (al mese), allo specializzato ma anche al qualificato, per non parlare di chi va in trasferta o di chi sa che cosa. Prima e dopo il Covid, siamo sempre lì. Unica differenza: tacciono quelli del «prima gli italiani», assenti e silenti quando albergatori dei lidi e ristoratori di città lamentano che nessuno vuol più «andare a servizio». Un’espressione vecchia e superata? Racconto due flash, delle ultime settimane. Vado, finalmente, al ristorante. La ragazza butta sul tavolo posate, bicchieri e tovaglioli. Mi viene in mente la lezione della signora Luisa, 60 anni fa: mi insegnò l’arte del cameriere e per quello, mica solo per i soldi, mi piacque quel lavoro fin che facevo il classico e filosofia. A quella ragazza nessuno aveva insegnato nulla, lei lavorava per intanto e solo per i soldi e quel ristorante finirà come ho visto a Trieste.
Per bere un caffé Illy made in Italy son dovuto andare sotto la torre delle Assicurazioni Generali: altrove era made in Cina. Come sono i lavori nei servizi, privati e pubblici, che son o la maggioranza? Questa è una bella domanda, visto che riguarda la maggioranza dei lavori. Diciamo che nel privato domina la precarietà, nel pubblico l’anzianità. I casi raccontati sono in linea con un mercato del lavoro, italiano e veneto, che è un caso: si lavora poco (abbiamo un tasso di attività tra i più bassi in Europa, specie tra le donne) e male. Un giudizio troppo radicale? I movimenti lo confermano: rimangono gli immigrati con le competenze più povere, se ne vanno gli italiani e i veneti con le competenze più ricche. Non c’è, sia chiaro, risposta semplice a problema complesso. Bisogna aumentare le paghe, lo dicono Federico Visentin, presidente di Federmeccanica nazionale e la CGIL di Treviso. Bisogna aumentare le paghe lorde (a carico del bilancio delle imprese) e nette (a carico dello Stato). E ciò riguarda tutti i lavoratori, compresi i pubblici. Un problema assai complesso, anche perché il salario non è solo una cifra. E’ anche la considerazione che hai del lavoro e che ricevi nel lavoro. Ti senti pagato poco anche perché sei considerato niente. E se non vedi strada sul lavoro, il welfare statale e/o quello famigliare fanno quadrare i conti. Così spieghiamo che tanti giovani aspettano il lavoro, tante donne stanno a casa, tante casse integrazioni son lunghe. E nei contratti si preferisce il welfare alle competenze. S’è discusso di blocco dei licenziamenti. E di ammortizzatori sociali. Ma gli specialisti di Sottoriva non si trovano e tanti fanno lavori sono «repellenti». L’Italia fu fondata sul lavoro: dopo 70 anni, possiamo dire «su un buon lavoro»? Dove la persona, con le sue capacità e competenze, è finalmente considerata ?