Quasi un dipendente su cinque a casa La rete di salvataggio dei «riservisti»
Sit, il direttore del personale: «Chat con altre aziende, il confronto aiuta»
Giorgio Carraro, un dottorato in Scienza e Ingegneria dei Materiali in tasca, tira un sospiro di sollievo. I suoi tre colleghi del laboratorio tecnico (in cui si testano contatori intelligenti) stanno tutti bene e, ieri mattina, si sono presentati regolarmente al lavoro, nella sede di Sit, a Padova. «In realtà fino a domenica sera - spiega Carraro ho controllato il telefono aspettandomi di trovare notizia di qualche collega contagiato o in quarantena. Per fortuna non è andata così». I laboratori tecnici sono al pian terreno della sede storica dell’azienda. Sul lato opposto della strada, nella zona industriale di Padova, stanno prendendo forma i nuovi «headquarters». Saranno pronti entro fine anno ma, per ora, chi lavora su tecnologie hi tech si gusta ancora il clima ottimista dei favolosi anni ‘60 che trasuda da quei capannoni divenuti ben presto troppo stretti.
La maggior parte della produzione italiana di Sit, «abitata» da 500 dipendenti e «robot collaborativi» che fanno il lavoro pesante, dal 2018 è a Rovigo. Al netto dei siti produttivi in Cina, Messico, Olanda, Romania, Tunisia e Portogallo,
Sit stima che al momento le assenze legate a contagi e quarantene nel cuore produttivo dell’azienda siano tra il 15 e il 17%. Lo racconta Roberta Fagotto, intraprendente «Chief of human capital»: «Abbiamo cercato di anticipare questo trend da prima della chiusura natalizia attuando soluzioni preventive come lo smart working rinforzato per il personale amministrativo e la proroga di alcuni contratti in somministrazione con un aggravio dei costi per l’azienda ma che ci consente d’essere “coperti” anche a gennaio». Sullo sfondo il nodo dell’impossibilità di prorogare i contratti in somministrazione agli stessi soggetti che sta mettendo in croce più di qualche azienda. Tanto che i direttori del personale di molte imprese hanno creato una chat comune per confrontarsi «questo - sorride Fagotto - è, se vogliamo, un aspetto positivo della pandemia, le aziende hanno cominciato a far fronte comune». L’aria negli uffici amministrativi e nei laboratori tecnici in cui si lavora anche con l’idrogeno, è di calma concentrazione. Ci si conosce tutti per nome. Indaffarati sì ma il tempo per un «buon anno» lo si trova. Il «booster» dell’edilizia sta aumentando ulteriormente un portafoglio ordini già fiorente. I fronti si moltiplicano, dal metodo lean che sta permeando l’azienda fino allo sportello psicologico (in orario di lavoro) per sostenere i lavoratori provati dall’emergenza sanitaria. Pesa l’incongnita costituita dalla riapertura delle scuole che rischia di sottrarre qualche risorsa in più alla produzione a causa di contagi in classe e permessi parentali per l’accudimento dei figli. Aiuta gettare uno sguardo al cantiere della nuova sede, la cui prima parte dovrebbe essere pronta a settembre quando, forse, il peggio sarà passato.