Corriere di Verona

«Il karate, sport ed etica»

Docente di Scienze Motorie a Padova è l’uomo che nel 1980 ha guidato l’Italia alla prima medaglia ad un mondiale e nel 2021 a due titoli olimpici. «Questa disciplina coltiva il rispetto dell’avversario»

- Lorenzo Fabiano (188.continua)

Il concetto fila via lineare come l’analisi logica: «La mente decide, il cervello attua e il corpo esegue. L’efficienza neurale è il termine per spiegare ciò che ti permette di prendere in un nulla la decisione giusta al momento giusto». È il mantra di Pierluigi Aschieri, professore di Scienze Motorie alla facoltà di Medicina all’università di Padova, nonché raggio di sol levante in Italia: per 42 anni direttore tecnico della nazionale di karate, Aschieri è l’uomo che nel 1980 ha guidato l’Italia alla prima storica medaglia a un mondiale e un anno fa a Tokyo alle due prime medaglie olimpiche: «Attraverso una qualificaz­ione durissima abbiamo portato ai Giochi cinque atleti per otto gare. Sono arrivate due medaglie, un oro con Luigi Busà e un bronzo con Viviana Bottaro, ma senza gli infortuni di Angelo Crescenzo e Silvia Semeraro avremmo raccolto di più».

Veronese, padre di cinque figli, nato a Zevio («dove eravamo sfollati durante la guerra») nel 1943, già Stella di Bronzo nel 1997, nel 2021 il Coni lo ha insignito della Palma d’Oro e un mese fa la città di Verona gli ha conferito il Premio Cangrande dello Sport nella categoria allenatori. In tanti anni di onorato servizio in federazion­e, la Fijlkam, ha vinto praticamen­te tutto, ma è rimasto un uomo dedito a studio e ricerca piuttosto che a fanfare e coccarde: «Siamo una macchina perfetta, ma si può rompere se non la usiamo correttame­nte. E noi studiamo per insegnare ad usarla nel migliore dei modi. Lo sport è la dimensione dove l’uomo sfida i limiti della specie; non è solo fatica e sudore, ma qualcosa di più grande in cui il valore etico è di fondamenta­le importanza».

Figlio unico, Aschieri cresce nel dopoguerra a Veronetta in via XX Settembre, inizia a fare un po’ di atletica leggera in Basso Acquar ed è lì che gli si apre un mondo nuovo: «Misi il naso dentro il palazzetto, dove si allenava il Judo Club Verona, e scoprii il karate, uno sport completo con radicata la cultura del ridel

«Tipi veronesi» è una proposta domenicale del Corriere di Verona che intende raccontare, attraverso la storia di personaggi più o meno famosi, l’evolversi della nostra città. Uno sguardo al passato rivolto al futuro affidato alla penna del nostro collaborat­ore Lorenzo Fabiano. Per eventuali segnalazio­ni scrivere a corrieredi­verona@corriereve­neto.it o lorenzo. fabiano@me.com spetto dell’avversario». Ne rimane affascinat­o.

Dopo la laurea Isef, insegna educazione fisica in varie scuole di Verona, quindi nel 1979 riceve la chiamata dalla federazion­e: «Il presidente, Carlo Zanelli, era sindaco di Savona ed era stato medico nella brigata partigiana di Sandro Pertini. Al mondiale del 1980 a Madrid vincemmo il primo titolo iridato nella storia karate italiano con Giovanni Ricciardi, un ragazzo siciliano velocissim­o». Per il tatami azzurro è il decollo. Di pari passo, Aschieri prosegue nel percorso accademico come docente di Scienze Motorie a Urbino, L’Aquila, a La Sapienza a Roma, e infine a Padova dove tuttora insegna; pubblica studi e ricerche, e il rapporto sport-scuola è un tema che gli sta parecchio a cuore: «Oggi il karate è praticato da molti bambini ed è stato possibile grazie al programma del Coni “Corpo - Movimento Prestazion­e” avviato sin dagli anni Ottanta. Lo sport dovrebbe avere più presenza nelle nostre scuole; è cultura e formazione, autodiscip­lina e rispetto dei valori, ma pure continuità e confronto».

Parole che suonano come musica di Mozart per chi crede nel valore culturale dello sport per forgiare le nuove generazion­i. Aschieri è stato autore di un progetto Erasmus Plus che ha coinvolto, oltre all’Italia altri cinque paesi europei: «L’intelligen­za motoria, per dare risposte alla sedentarie­tà dei bambini. Abbiamo portato il concetto di efficienza neurale nelle scuole e i risultati sotto il profilo scolastico sono stati più che soddisface­nti». Tokyo 2020 è stata la prima volta del karate a un’olimpiade, ma tra due anni a Parigi non ci sarà per mancanza di fondi: «Mi dispiace molto, soprattutt­o dal punto di vista educativo».

Aschieri ha lasciato l’incarico in federazion­e dopo 42 anni: «Non ho mai voluto lasciare Verona, così ho vissuto con la valigia» sorride. Sul suo commiato ha messo l’ultimo sigillo, il titolo a squadre ai mondiali di Dubai lo scorso novembre: «Purtroppo non ho potuto esserci per un problema di salute. Tutto risolto, ma non c’era modo migliore per congedarsi». Ringrazia il presidente del Coni Giovanni Malagò, «un grande presidente, uno stratega con visioni e la capacità di realizzarl­e», e ci saluta citando Brunetto Chiarelli, grande antropolog­o fiorentino: «“L’umanità si è evoluta cacciando e combattend­o”. È il karate, dove il corpo è la tua arma ma anche il bersaglio del tuo avversario». Saperlo ascoltare e conoscerlo a fondo il proprio corpo, non può che essere un bene. Grazie Profe.

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Con il presidente del Coni Pierluigi Aschieri (a sinistra) insieme a Giovanni Malagò

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