Produrre meno, meglio e senza inquinare: la moda cambia epoca
La transizione del tessile, settore storico a Nordest, tra innovazione e invecchiamento
Nel mondo moderno e globalizzato, non c’è nulla che abbia la capacità di cogliere e segnalare un cambiamento d’epoca come l’industria della moda. Ma cosa succede se, al centro di un cambiamento epocale, si viene a trovare quella stessa industria, che tra l’altro nel Veneto ha radici solide e profondissime, dalle fabbriche tessili di Schio e Valdagno fino ai lanifici alla pedemontana trevigiana?
Succede che si sta verificando una rivoluzione, capace di interessare in modo trasversale un intero comparto produttivo, già pesantemente sferzato dai colpi della pandemia (quanti hanno sentito il bisogno di acquistare un abito nuovo nei due anni segnati dal Covid?) e toccato, come tutti gli altri, dalle incertezze legate agli scenari di guerra e all’inarrestabile rincaro dei costi energetici e delle materie prime. Il tessile abbigliamento moda (TAM per brevità) presenta alcune caratteristiche peculiari della sua complessa transizione al futuro, che ne stanno mutando radicalmente l’approccio produtno tivo. L’aspetto più evidente si potrebbe sintetizzare così: gli addetti ai lavori del TAM stanno imparando a produrre meno per produrre meglio, ma soprattutto senza inquinare. Si chiama sostenibilità, e richiede un radicale rispetto delle regole ambientali a quello che, secondo tutte le statistiche, è il secondo comparto industriale più inquinante al mondo. La sfida, tutt’altro che vinta, sta nel far valere il rispetto di queste regole lungo tutta la filiera produttiva: se i grandi brand della moda hanno sposato la piena sostenibilità, se non altro per ragioni reputazionali (e perché ci soampie fasce di clientela Millennial che lo pretendono), si può dire altrettanto della lunga catena di fornitori e subfornitori che sta dietro al jeans firmato o all’abito preta-porter?
A questa rivoluzione epocale che il settore tessile sta attraversando, è dedicato il primo piano del nuovo numero di Corriere Imprese Nordest, che torna in edicola domani all’interno del Corriere della Sera. Incentrato su un approfondimento firmato da Luca Romano, ricercatore e direttore di Local Area Network, il focus si allarga all’analisi di alcuni casi aziendali rivelatori del cambiamento in atto: da Marzotto Lab, che ha diversificato la produzione lanciando la linea Interiors, a Peserico, azienda di confezioni che, in piena pandemia, ha avviato una nuova linea uomo e ha acquisito un maglificio nel Reggiano.
Un’altra sfida cruciale che il comparto tra affrontando è quella delle risorse umane, sintetizzabile con la definizione di «gap demografico». La nostra è una società che invecchia e, ancor di più, invecchiano i lavoratori impiegati nelle nostre aziende: per 1o0 giovani al di sotto dei 25 anni, oggi ci sono ben 438 ultra 55enni. Nel corso degli anni, quindi, si è verificata una carenza straordinaria di turnover e di nuovi inserimenti. Carenza che. per
qua nto riguarda direttamente il TAM del Veneto, chiama in causa anche tutta la filiera formativa, dagli Istituti tecnici per la moda agli Its, arrivando fino agli insegnanti di materie tecniche e professionalizzanti. Che, inevitabilmente, sono invecchiati pure loro.