Corriere di Verona

«Oggi mi vergogno di essere italiano Hanno assolto il pazzo che uccise mio figlio»

Parla il padre dell’agente freddato insieme a un collega

- Benedetta Centin © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VICENZA Lo ha chiamato «Il giorno della vergogna». Il 6 maggio, quando la corte d’Assiste di Trieste ha assolto «per vizio totale di mente» l’uomo che il 4 ottobre 2019 ha ucciso suo figlio Matteo Demenego, agente scelto in servizio nella questura del capoluogo giuliano. Freddato da quattro colpi di pistola dopo che era intervenut­o per soccorrere il collega Pierluigi Rotta, morto anche lui, con tre proiettili in corpo.

«Un processo vergognoso», «un verdetto vergognoso». Ed è quello che dice di provare da italiano: vergogna. Papà Fabio Demenego, vicentino di origini, parte civile nel processo con gli altri familiari, ammette: «Ormai questa parola l’ho consumata». Prova così con «arrabbiato» e «amareggiat­o».

Le parole rotte dall’emozione, le pause, il pianto che soffoca la voce parlando dell’amato figlio e della divisa che indossava come un credo sono quanto mai eloquenti del suo stato d’animo. «È una vicenda disgustosa. – chiosa il genitore che ammette di sentirsi impotente - La parola “assolto” ha ucciso per la seconda volta Matteo e Pierluigi: quei ragazzi non se lo meritavano, e non se lo meritano nemmeno tutti gli uomini e le donne che fanno il loro stesso lavoro, che ci mettono tanta volontà e passione come era per loro. Uccisi indossando una divisa. In questura. Io non pensavo che ancora si potesse morire così in polizia nel 2019».

Allora Alejandro Stephan Meran, dominicano di 32 anni, era stato portato in questura per il furto di uno scooter. Agitato, aveva chiesto di andare in bagno, era poi riuscito ad impossessa­rsi della pistola di Rotta, agente di 34 anni di Pozzuoli, al quale sparò, facendo poi fuoco anche sul 31enne Demenego originario di Velletri che era corso da lui dopo aver udito gli spari. Non pago, lo straniero sparò ancora, ferendo altri agenti nel tentativo di guadagnare l’uscita. «Una giuria di corte d’Assise vergognosa ha deciso che l’assassino non è imputabile di due omicidi e sei tentati omicidi perché incapace di intendere e volere (sentiva le voci)» spiega Demenego in un post

Facebook.

I giudici hanno comunque imposto all’assassino il ricovero in una Rems (Residenza sanitaria per l’esecuzione delle misure di sicurezza) per la durata minima di 30 anni. «Questa persona, considerat­a socialment­e pericolosa dalla stessa sentenza che ne ha escluso l’imputabili­tà, in quanto assolta potrebbe uscire anche domani dal carcere – fa sapere papà Demenego – ma ad oggi non si è trovata una struttura adatta per lui». Ecco come ci si è arrivati. «La prima perizia, richiesta dal gip e svolta da un pool di periti nella forma dell’incidente probatorio, lo dichiarava parzialmen­te incapace di intendere e volere, quindi processabi­le – spiega il vicentino -. Ma il giudice ha ritenuto opportuno chiedere una seconda perizia, effettuata due anni dopo da una sola persona». Perizia, questa, che ha attestato un vizio totale di mente. «Non ho mai incrociato il suo sguardo, non è mai comparso in aula perché avrebbe detto che si vergognava di farsi vedere da noi. – continua Demenego – Le scuse? Non ci sono mai state, nessuno si è fatto sentire ma tanto io non perdono. Io no». A parlare di «vergogna insopporta­bile» in merito all’assoluzion­e anche il leader della Lega Matteo Salvini che ha presentato un’interrogaz­ione urgente al ministro di Interno e Giustizia.

Fabio Demenego non fa sconti nemmeno ad «autorità, ministri, dirigenti, politici che – spiega - ci hanno abbracciat­o e confortato, garantendo­ci che si sarebbero spesi per quello che sembrava un esito scontato per l’omicidio di due poliziotti. Dove sono tutti ora? Non ci cerchino più». E ancora, lo sfogo via social. «Spero che gli attori di questa farsa vergognosa, se dovessero trovarsi davanti ad un agente pronto ad aiutarli, si ricordino dei Figli delle Stelle (il riferiment­o è al figlio e al collega ndr) e provino vergogna». La polizia, o meglio il suo nuovo capo, Lamberto Giannini, si è già fatto vivo con la famiglia Demenego. «Una persona cortese, ci ha chiamato per manifestar­ci la sua solidariet­à, dicendosi amareggiat­o per la sentenza» spiega il capofamigl­ia. Il suo legale, l’avvocato vicentino Rachele Nicolin, si riserva ogni decisione, anche di un eventuale ricorso, una volta lette le motivazion­i. E poi c’è la questione spese. «Che è l’ultimo dei nostri pensieri» precisa il papà dell’agente. «Finora tra spese legali e consulenti di parte, ma anche per il percorso psicologic­o che stiamo affrontand­o, abbiamo superato i 30 mila euro».

Abbandonat­i Ministri, dirigenti, politici, ci hanno abbracciat­o ma ora dove sono spariti?

 ?? ?? Sul lungomare Matteo Domenego, ucciso in questura, in un momento felice insieme alla fidanzata e al padre Fabio
Sul lungomare Matteo Domenego, ucciso in questura, in un momento felice insieme alla fidanzata e al padre Fabio

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy