Il caso dello stop all’hub digitale Le categorie: «Un insulto» I selezionatori si difendono
A far bocciare il progetto Smact la forma e non i contenuti
Brucia, brucia tantissimo a Nordest l’esplusione di «Neural», progetto-monstre del Competence Center Smact (che riunisce gli atenei del Nordest ma era sostenuto anche da tutte le categorie economiche venete) dai finanziamenti degli European Digital Innovation Hub. Dopo la lettera inviata al titolare dello Sviluppo economico da tutte le categorie venete, Confindustria in testa, c’è chi, seppur a microfoni spenti, parla apertamente di «killeraggio geografico e politico». Cioè si sarebbero privilegiati i progetti del Sud a discapito di quello triveneto che, pure, si presentava come una corazzata, mondo economico incluso.
Abbiamo cercato di capire, nel merito, cosa non ha funzionato. Il progetto da 2 milioni di euro l’anno per 3 anni prevedeva, di fatto, un finanziamento diretto alle imprese interessate a svilupparsi digitalmente. Obiettivo della competizione europea era, per l’appunto, sviluppare progetti innovativi per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e delle Pmi. Quindi Neural proponeva alle aziende interessate di utilizzare i servizi di Smact. Una Pmi avrebbe potuto chiedere la sovvenzione anche totale nel suo percorso di digitalizzazione. Facciamo un esempio: un’azienda di piccole dimensioni con 20 anni di esperienza nella produzione di cerniere metalliche e la stessa linea produttiva immutata, avrebbe potuto conoscere la possibilità di conoscere i «cobot» cioè i «robot collaborativi», valutarne l’utilità e trovare sostegno nel reperimento di fondi per acquistarli. Il tutto a costo zero. Con percorsi di questo tipo del valore di ventimila euro ciascuno e due milioni a disposizione, si sarebbero accompagnate 100 imprese verso il digitale, con il tam tam probabilmente 10 volte tanto.
Fin qui, verrebbe da dire, che l’obiettivo del bando europeo sarebbe centrato in pieno. Abbiamo avuto modo, però, di sentire una voce molto vicina alla commissione che ha selezionato i 41 progetti italiani. Di questi 30 hanno passato la prima selezione e, nei contenuti, sono stati valutati tutti molto buoni. Purtroppo, però, il meccanismo su più fasi di assegnazione dei punteggi ha premiato i progetti «eccellenti», ci spiegano, non quelli «molto buoni». Il punteggio massimo era 15, sono rimasti esclusi molti progetti che sono arrivati a 12,5. Un soffio dalla meta. A fare la differenza, spesso, pare essere stato, per i progetti italiani, il prospetto economico finanziario poco curato e, in generale, la scarsa attenzione a quanto puntualmente richiesto dal bando. In casi come quello del veneto Neural si sarebbe privilegiato il racconto della «corazzata» sottolineando la potenza di fuoco del gruppo di partecipanti. Ma la commissione era chiamata a valutare su parametri altri, più dettagliati. Aggiungiamoci che il numero dei progetti del Sud era molto maggiore di quelli del Nord e la statistica avrebbe fatto il resto. Una ricostruzione che non convince affatto le categorie venete. Infuriato è Mario Pozza, Unioncamere: «Il Veneto non può essere emarginato oltre che sul fronte infrastrutturale anche sulla ricerca a servizio delle imprese. Il nostro era uno dei migliori progetti in Italia. Come si fa a lasciar fuori una parte della locomotiva del Paese? Patrizio Bertin, Confcommercio, parla di «offesa al Veneto». Punta sul far «fronte comune» Roberto Boschetto, Confartigianato mentre il consigliere regionale Arturo Lorenzoni ha una sola parola: «inaccettabile».
Il nostro era uno dei migliori progetti presentati dall’Italia