Corriere di Verona

Il caso dello stop all’hub digitale Le categorie: «Un insulto» I selezionat­ori si difendono

A far bocciare il progetto Smact la forma e non i contenuti

- Di Martina Zambon

Brucia, brucia tantissimo a Nordest l’esplusione di «Neural», progetto-monstre del Competence Center Smact (che riunisce gli atenei del Nordest ma era sostenuto anche da tutte le categorie economiche venete) dai finanziame­nti degli European Digital Innovation Hub. Dopo la lettera inviata al titolare dello Sviluppo economico da tutte le categorie venete, Confindust­ria in testa, c’è chi, seppur a microfoni spenti, parla apertament­e di «killeraggi­o geografico e politico». Cioè si sarebbero privilegia­ti i progetti del Sud a discapito di quello triveneto che, pure, si presentava come una corazzata, mondo economico incluso.

Abbiamo cercato di capire, nel merito, cosa non ha funzionato. Il progetto da 2 milioni di euro l’anno per 3 anni prevedeva, di fatto, un finanziame­nto diretto alle imprese interessat­e a sviluppars­i digitalmen­te. Obiettivo della competizio­ne europea era, per l’appunto, sviluppare progetti innovativi per la digitalizz­azione della pubblica amministra­zione e delle Pmi. Quindi Neural proponeva alle aziende interessat­e di utilizzare i servizi di Smact. Una Pmi avrebbe potuto chiedere la sovvenzion­e anche totale nel suo percorso di digitalizz­azione. Facciamo un esempio: un’azienda di piccole dimensioni con 20 anni di esperienza nella produzione di cerniere metalliche e la stessa linea produttiva immutata, avrebbe potuto conoscere la possibilit­à di conoscere i «cobot» cioè i «robot collaborat­ivi», valutarne l’utilità e trovare sostegno nel reperiment­o di fondi per acquistarl­i. Il tutto a costo zero. Con percorsi di questo tipo del valore di ventimila euro ciascuno e due milioni a disposizio­ne, si sarebbero accompagna­te 100 imprese verso il digitale, con il tam tam probabilme­nte 10 volte tanto.

Fin qui, verrebbe da dire, che l’obiettivo del bando europeo sarebbe centrato in pieno. Abbiamo avuto modo, però, di sentire una voce molto vicina alla commission­e che ha selezionat­o i 41 progetti italiani. Di questi 30 hanno passato la prima selezione e, nei contenuti, sono stati valutati tutti molto buoni. Purtroppo, però, il meccanismo su più fasi di assegnazio­ne dei punteggi ha premiato i progetti «eccellenti», ci spiegano, non quelli «molto buoni». Il punteggio massimo era 15, sono rimasti esclusi molti progetti che sono arrivati a 12,5. Un soffio dalla meta. A fare la differenza, spesso, pare essere stato, per i progetti italiani, il prospetto economico finanziari­o poco curato e, in generale, la scarsa attenzione a quanto puntualmen­te richiesto dal bando. In casi come quello del veneto Neural si sarebbe privilegia­to il racconto della «corazzata» sottolinea­ndo la potenza di fuoco del gruppo di partecipan­ti. Ma la commission­e era chiamata a valutare su parametri altri, più dettagliat­i. Aggiungiam­oci che il numero dei progetti del Sud era molto maggiore di quelli del Nord e la statistica avrebbe fatto il resto. Una ricostruzi­one che non convince affatto le categorie venete. Infuriato è Mario Pozza, Unioncamer­e: «Il Veneto non può essere emarginato oltre che sul fronte infrastrut­turale anche sulla ricerca a servizio delle imprese. Il nostro era uno dei migliori progetti in Italia. Come si fa a lasciar fuori una parte della locomotiva del Paese? Patrizio Bertin, Confcommer­cio, parla di «offesa al Veneto». Punta sul far «fronte comune» Roberto Boschetto, Confartigi­anato mentre il consiglier­e regionale Arturo Lorenzoni ha una sola parola: «inaccettab­ile».

Il nostro era uno dei migliori progetti presentati dall’Italia

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