«La mia Verona alla pari con le capitali europee Altri 5 anni per realizzarla»
«Quando, durante una pandemia, sei responsabile di 260 mila persone cambi...»
Il filo rosso: «Oggi Verona è più forte di come l’ha trovata il covid». E il mantra: «Io sono follemente innamorato di questa città». Tanto da girarla con l’entusiasmo e la tenuta fisica di un candidato di «primo pelo». Da «batterla» per pasturare voti. Ma anche per ascoltare. E spiegare. Il sindaco Federico Sboarina dice che «non sono più quello che ero prima della pandemia. Quando ti devi caricare la responsabilità di 260 mila persone cambi...». E la metamorfosi è tangibile. Cinque anni fa si muoveva «blindato» tra le sue liste, l’uscente-aspirante primo cittadino Federico Sboarina. Con il Coronavirus che è diventato il convitato di pietra della sua amministrazione. «Sono orgoglioso di aver portato fuori la mia comunità dalla pandemia. Con Zaia abbiamo lavorato senza fermarci. Non avevamo un libretto delle istruzioni. Eppure siamo riusciti a non bloccare tutto. Penso all’Arena, che ha continuato gli spettacoli con 6mila spettatori. Penso al fatto che non abbiamo solo fatto fronte all’emergenza, ma mentre lo facevamo siamo riusciti anche a programmare per il futuro. Vedi il Central Park. Fino a due anni fa tutti a criticare per quell’area abbandonata. Adesso tutti a dire cosa ci farebbero. Perché è sicuro che si farà. Penso al fatto di essere riusciti a portare anche qui le Olimpiadi Milano-Cortina del 2026, non solo perché Verona verrà vista e conosciuta in tutto il mondo, ma anche perché permetteranno di dare a tutti gli attori delle opere che verranno realizzate un’accelerazione e una scadenza certa. Ecco, quello che rimpiango è quello che il covid non mi ha permesso di fare. Perché se si dice che un mandato di 5 anni per un sindaco non è sufficiente per portare a compimento un programma, io ne ho avuti due e mezzo. Gli altri se li è presi la pandemia. Per questo vorrei fare il secondo mandato. Per finire quello che abbiamo iniziato e quello che ancora non siamo riusciti a fare». Ma gli ha insegnato - la pandemia - a dimostrare quello che, vedendolo muoversi in una giornata di campagna elettorale, è un punto di forza che in passato veniva oscurato dalla timidezza: l’empatia. Dura 20 ore la sua giornata elettorale. E non è una cifra buttata a caso. Sveglia alle 6,30 «perché mi sono imposto di portare i bambini all’asilo, al di là dell’ora in cui rientro a casa la sera precedente». Bel dilemma, quello tra gli amori di Federico Sboarina: la famiglia e la città. Con la prima destinata al secondo posto, almeno fino al 12 giugno. E poi all’eventuale ballottaggio. Gli appuntamenti istituzionali, quelli da primo cittadino in carica, nella giornata dell’avvocato Sboarina. Maratona matrimoniale, l’altro ieri, con un centinaio di riconoscimenti alle coppie che hanno festeggiato i 50 anni e più di sposalizio. «Ci tengo e ci tengono loro. Alcuni mi fermano per strada per dirmi che non hanno ancora ricevuto l’invito dal Comune...». E allora, in due mesi per andare a pari con lo stop della pandemia, di quei riconoscimenti ne ha consegnati 1.200. Ma è nel pomeriggio che inizia la galoppata elettorale. Dalle 18 alle 2,30 di notte, quella di mercoledì. Filotto da otto appuntamenti in altrettante ore, Sboarina.
Piazza Bra, saluto a un incontro su baby gang e disagio giovanile organizzato da Fratelli d’Italia. In scooter allo stadio, evento della Lega. Rimesta una padella da paella dal diametro importante, Sboarina. Strette di mani, chiacchiere. E l’ascolto. Quello che per l’uscente-aspirante sindaco è l’alleato basilare. Borgo Trento, piazzale Stefani, aperitivo elettorale con altri candidati di FdI. Le persone che nulla hanno a che fare con la politica lo ferFlavio mano. Problemi concreti, quelli che sottopongono. Quelli di una quotidianità che incappando nella campagna elettorale possono godere di una ribalta privilegiata.
«Confido nelle preferenze, anche in quelle della comunità straniera», una delle strategie di Sboarina. Che è stata declinata in sei liste che lo sostengono con 14 etnie diverse tra i candidati in consiglio comunale che raddoppiano a 28 per gli aspiranti consiglieri circoscrizionali. Mica solo appuntamenti «comodi» quelli del sindaco. Che non scansa gli «scogli». Come l’incontro con il comitato di quartiere Basson 2003, accompagnato dal suo vice Luca Zanotto. La periferia. Quella con le scuole senza palestre. Il medico di base di cui la zona sarà totalmente priva dal prossimo inverno. E lui a spiegare che per le palestre è già stato tarato un progetto per avere i fondi del Pnrr, che quella del medico di base ormai è un’emergenza ovunque e nel suo prossimo staff da sindaco ci sarà un «tecnico» che farà da collegamento tra primo cittadino e la sanità del territorio per «poi rappresentare le problematiche in Regione o a Roma». Il programma amministrativo viene affrontato nell’incontro successivo, al Chievo. Serata conviviale organizzata da Verona Domani-Coraggio Italia. La chiave è quella della «continuità». E con il programma arrivano anche gli attacchi agli avversari. Uno, in realtà. Tommasi viene dimenticato con un aggettivo laconico. «Un calciatore. Punto». È a Tosi che riserva le stilettate. L’aggettivo per lui è «macchietta», di rimando all’«inutile» che il predecessore gli ha riservato. «Noi vogliamo scrivere una nuova storia, per questa città. E quella di Tosi non è la mia città. La sua è finita sui giornali per le inchieste. Quella che vogliamo noi ci va per il Central Park, la rigenerazione di Borgo Roma, il restauro di Porta Nuova, l’Arena. La nostra Verona è quella dei 45 cantieri nelle scuole, dei ponti messi in sicurezza perché prima nessuno lo aveva fatto. Quella che sta alla pari con le capitali europee. Che non ha niente di meno rispetto a Milano, Parigi o Londra. Non si può perdere un giorno. Perché se tu ti fermi, gli altri ti sorpassano». E lui, l’uscente-aspirante sindaco Federico Sboarina non si ferma. Se la «notte è giovane» lui va dai giovani della notte. Si sfila la cravatta dal collo («non sciolgo il nodo dal 1997, non so rifarlo») alla festa dell’Esu, nel parco dietro il polo Zanotto. In 2.500 a ballare e lui tra di loro. A chiacchierare, a fare selfie con chi glieli chiede. Poi all’Amen, che trabocca di ragazze e ragazzi. Sono le 2,30 quando il pullmino con lui e lo staff lo lascia sotto casa. Su tutto l’imitazione che di lui fa un suo candidato, Andrea Moraglia: «E adesso chiuso... ma chiudo veramente...il 12 giugno andate a votare... e adesso chiudo...». Perchè l’uscente-aspirante sindaco Federico Sboarina non chiude mai. Inesorabile. Roba da pile Duracell per campagna elettorale.
Non solo abbiamo fatto fronte all’emergenza, ma siamo riusciti anche a programma re il futuro
Central Park, Olimpiadi, infrastrutture. Vogliamo scrivere una storia nuova per questa città