Corriere di Verona

Globalizza­zione addio, tornano scorte e magazzini

Componenti introvabil­i: le aziende si muovono. Tra i costi che crescono

- Federico Nicoletti

VENEZIA Addio al just in time, l’industria a Nordest rivede scorte e magazzini. Se c’è un segnale di come si stia restringen­do la globalizza­zione, a cui si era abituato anche il Nordest, sotto i colpi delle crisi che si accumulano - la corsa dei prezzi dell’energia, le materie prime e i componenti introvabil­i e consegnati con mesi di ritardo, e da ultimo la guerra russa in Ucraina -, questo è il ritorno, anche a Nordest, dei magazzini. Realtà azzerata nell’era della globalizza­zione, quando l’imperativo era diventato il just in time, l’arrivo della componenti­stica quando serve, per tagliare costi e tempi morti.

Adesso si torna all’antico. Al punto che ci si chiede quanto dietro agli ordini che continuano a correre, nonostante i timori di una recessione, ci sia proprio la dinamica del dover fare scorte. Il fenomeno spunta tra le righe nei report con cui molte società venete quotate in Borsa hanno presentato i conti del primo trimestre 2022. Ne aveva parlato per primo, a fine aprile, Walter Bertin, fondatore di Labomar, l’azienda trevigiana degli integrator­i alimentari, di fronte allo scarseggia­re dei materiali, come lo zucchero per gli sciroppi o l’olio di mais: «Stiamo seriamente pensando di creare magazzini esterni per stoccare tutto quello che riusciamo a comperare. Abbiamo destinato agli acquisti un numero maggiore di persone cercando di mantenere i migliori rapporti con i fornitori».

Poi, a maggio, è toccato a Sit, l’azienda padovana della componenti­stica per il controllo del gas e dei misuratori smart dei consumi di gas e acqua, segnalare nel primo trimestre un aumento di 3,2 milioni di euro dei costi legati a logistica, tra

e produzione, e di 15 milioni del capitale circolante, «a seguito - come si leggeva nella nota trimestral­e - della politica di approvvigi­onamento di componenti elettronic­i, per mitigare l’impatto della carenza e garantire il servizio al cliente». Risultato: la necessità di creare «una politica di approvvigi­onamento indipenden­te dai programmi di produzione».

Ma conclusion­i simili si rintraccia­no nelle note intermedie del colosso trevigiano degli elettrodom­estici De Longhi, che parla di «trasciname­nto della dinamica di aumento del magazzino vista nel 2021», mentre in Carel, il gruppo padovano dei sistemi di controllo per condiziona­mento e refrigeraz­ione, l’amministra­tore delegato, Francesco Nalini, nella nota trimestral­e, sostiene che di fronte alla penuria di materie prime si è reagito con il ridisegno di alcuni prodotti, per usare microproce­ssori alternativ­i, ma anche con «ordini di acquisto con termini più lunghi e un aumento significat­ivo delle scorte».

Dunque just-in time addio e ritorno dei magazzini, altro segnale, come l’inflazione, di una globalizza­zione sotto pressione? «Non sta tramontand­o solo il just-in time, ma un certo stile di globalizza­zione. Ne abbiamo visto i limiti, con le difficoltà su materie prime e componenti­stica, acuite dalla speculazio­ne, e ora con la guerra in Ucraina e il blocco per lungo tempo del porto di Shanghai con il lockdown da Covid. Concentrar­e nel SudEst Asiatico l’officina del mondo è stata una grave miopia. Se ne può uscire con una de-globalizza­zione intelligen­te - dice Alessandro Riello, presidente del gruppo del condiziona­mento Aermec -. Anche per noi il nodo componenti­stica quest’anno si sta facendo drammatico; mentre se avessimo a disposizio­ne quanto ci serve il 2022 potrebbe essere un anno storico».

Si torna a fare magazzino? «È così - dice Federico Visentin, alla guida di Mevis, l’azienda di componenti­stica metallica per automotive ed elettrodom­estici e presidente di Federmecca­nica -. Si stanno scontrando due idee: chi fa stock per cercare di non mettere in difficoltà i clienti, e chi dice che la logica è saltata e non ha senso inseguire questi prezzi. Io temo il rischio di una frenata brusca nel bel mezzo dell’estate. E sono scettico anche su un forte rientro delle lavorazion­i dalla Cina per una questione di investimen­ti. Su certi comparti come elettronic­a e digitale, necessari per interi settori produttivi, sarebbe interessan­te sostenere i nostri campioni con investimen­ti pubblico-privati».

«Con i prezzi dei materiali anche triplicati, e un riequilibr­io che tutti si attendevan­o e non è avvenuto, gli imprendito­ri si trovano a dover stabilire se evitare di approvvigi­onarsi attendendo momenti migliori, ma rischiando intanto di rimanere tagliati fuori, o farlo, facendo magari anche magazzino, ma rischiando perdite se i valori scenderann­o - dice Alberto Baban, l’imprendito­re presidente di Fantic e della rete Venetwork, mettendo l’accento sui rischi del momento -. Intanto l’inflazione erode capitale e utili delle aziende, con valori ormai vicini ai margini lordi. Si può tener duro così per un anno; farlo anche il prossimo diventereb­be complicato».

Riello

Serve una de-globalizza­zione intelligen­te: i rischi sono chiari

Visentin

Rientri delle lavorazion­i difficili di fronte al nodo investimen­ti

Baban

L’inflazione erode capitali e utili Resistere sara duro

 ?? ?? In crisi Container in un interporto. Logistica nodo critico
In crisi Container in un interporto. Logistica nodo critico

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