Giulietta, Romeo: l’altra leggenda
Due castelli, uno di fronte all’altro, e il giallo della prima novella C’è chi è sicuro che gli amanti si conobbero a Montecchio
C’è chi è pronto a giurare che qui ci abbiano vissuto Giulietta e Romeo, una di fronte all’altro, sulla crina di un angolo dei Monti Berici. C’è chi si arrabbia guardando questi due castelli che si danno tante arie, perché solo a Verona può appartenere la storia dei due amanti diventata un mito global. C’è anche chi, fonti alla mano, scuote la testa perché tutto si sarebbe consumato a Udine, un amore sfortunato finito in una scia di ricordi velenosi messi nero su bianco.
Fatto sta che il Castello di Bella Guardia e quello di Villa si guardano e sembrano sogghignare. Siamo nella vicentina Montecchio Maggiore. E per molti già il nome del paese sarebbe la prova della famiglia Montecchi, protagonista coi Capuleti del melodramma reso celebre da William Shakespeare. Ma anche questo sarebbe un grosso equivoco.
A ogni modo i due castelli risalgono con molta probabilità al XIV secolo, costruiti per controllare il passaggio in vallata. Il Bella Guardia ha una pianta ad elle e la porta senza ponte levatoio potrebbe aver avuto una struttura a doppia chiusura, a saracinesca o a battenti. All’interno, un edificio fa bella mostra della sua torre del Mastio. Il Villa invece è costruito su un dosso un po’ più basso, ha forma di trapezio e su tre sporgenze forse c’erano delle torri, di cui ormai rimane solo quella all’ingresso.
Nonostante la mole imponente e la fama romantica, i due castelli si devono accontentare di una storia piuttosto anonima: nessuna tormenta bellica né scaramuccia li ha mai toccati. Anzi, dopo la guerra del Cambrai nei primi anni del 1500, furono destinati alla smobilitazione. E di loda ro se ne perse le tracce, fino a quando il comune di Montecchio nel 1742 decise di acquistarli. Altri due secoli di oblio e i fari si accesero (persino letteralmente) all’inizio del secolo scorso.
Il fatto è che il dramma shakespeariano prende lo spunto da una novella scritta Luigi Da Porto, vicentino, conte e uomo d’armi. È sua la Historia novellamente ritrovata di due nobili amanti con la loro pietosa morte intervenuta al tempo di Bartolomeo della Scala, composta attorno al 1524. E proprio dai pertugi del suo castello erano ben visibili il Bella Guardia e il Valle. Da qui il dubbio: avrebbe assistito al tafferuglio d’amore?
Non proprio. Mandato dalla Serenissima a guidare le truppe contro gli imperiali nei territori friulani, Da Porto ne uscì miracolosamente vivo, anche se ferito da una picconata al collo. Rimasto paralizzato, si ritirò nel suo castello. È in quel frangente che scrisse anche la più sfortunata delle storie d’amore: uscirà solo dopo la sua morte ed ebbe così tanta fortuna fino alla celebre versione per mano di Shakespeare.
Luigi Da Porto in realtà si sarebbe innamorato a Udine della cugina Lucina Savorgnan, durante un ballo di Carnevale: il problema è che le loro famiglie erano acerrimi rivali e mai avrebbero permesso una simile relazione. Dopo le ferite terribili riportate in battaglia, sarebbe poi stata la bella Lucina ad abbandonare il capitano al suo destino di paralitico. Da qui la storia triste
Shakespeare si ispirò alla storia scritta da Luigi Da Porto, conte e uomo d’armi, nel 1524 proprio qui nel suo maniero
e autobiografica. Quando lo rivelò lo storico inglese Cecil Clough, uno dei più stimati studiosi del Rinascimento, fu lo scandalo. Non bastava la rivalità tra Vicenza e Verona, da allora c’è pure un combattivo «Comitato Giulietta e Romeo in Friuli». «Questa storia sembra ormai assodata, con buona pace delle lettere spedite ogni anno a Verona, che a milioni confessano amori appassionati e infranti», sorride Antonio Di Lorenzo, giornalista e scrittore, autore di La vera storia di Giulietta e Romeo». Peraltro, stiamo parlando di una vera soap: «Lucina sposerà un altro cugino, Francesco Savorgnan; la madre di Lucina fu amante di Pietro Bembo e tra i due si scrissero ben 154 lettere; e Luigi Da Porto, che visse i suoi ultimi 15 anni infelice, lasciò una quantità di poemetti in cui celebrava la sua passione per il feticismo dei tacchi della sua amante di Soave».
Insomma, scordatevi tutto il romanticismo. Qui sono in ballo storie di archivio, letteratura e fake, anonimi castelli e viltà d’amore, trasgressioni e balconi improbabili. Quello che resta di vero è il mito, di cui si nutrono anche i nostri due castelli, attirando migliaia di visitatori. «Le cave del Bella Guardia (o di Giulietta), quelle usate un tempo per estrarre la preziosa pietra tenera tanto cara al Palladio, sono diventate delle cantine pregiate, dove si custodiscono tra le migliori produzioni di Durello — racconta Ornella Vezzaro, vicepresidente della Proloco Alte Montecchio — In questo stesso castello, un ristorante offre una cucina prelibata e uno splendido panorama dalla terrazza sulla valle. Il Castello di Villa (o di Romeo) invece ospita da giugno a settembre una stagione di eventi, spettacoli e cinema». Insomma: da visitare.