Corriere di Verona

«La Davis, quella squadra e l’amicizia con Adriano Il tennis mi ha dato tutto, Verona è il buen retiro»

Il mitico «Braccio d’oro», ormai veronese d’adozione, si racconta: il gioco, i campioni, la serie tv e il Veneto

- Di Lorenzo Fabiano

Roma 9 luglio del 1983: nella fornace del Foro Italico, Panatta e Bertolucci perdono in tre set il doppio di Coppa Davis con gli argentini Clerc e Vilas. L’Italia esce di scena, e quel giorno segna la fine di un’epoca d’oro per il tennis italiano: quattro finali di Davis in cinque anni (tutte in trasferta) e lo storico trionfo del 1976 a Santiago del Cile. «Paolo, ci siamo divertiti» mormora Adriano Panatta a Paolo Bertolucci, amico e compagno di doppio di una vita. Anche le belle storie finiscono ma a farci tornare indietro ci ha pensato Domenico Procacci, produttore e fondatore della Fandango, che quell’epopea l’ha magistralm­ente raccontata da regista in una serie su Sky, Una Squadra, con grande successo di critica e di pubblico.

Bertolucci, «Una Squadra» è un vero spasso. Lei e Panatta siete una perfetta coppia cinematogr­afica.

«Guardi (sonora risata, ndr), io ho dormito in camera più con Adriano che con mia moglie. Sì, ci siamo divertiti, perché ci piaceva giocare a tennis. Potevamo girare il mondo, conoscere gente e culture, imparare le lingue; poi abbiamo pure iniziato a guadagnare, ma il piacere di giocare non lo abbiamo mai perduto».

Ma se lo aspettava un simile successo?

«Sinceramen­te no. È oltre le aspettativ­e. Noi siamo stati del tutto naturali, non conoscevam­o nemmeno le domande: il montaggio è fantastico

Grazie al tennis ho potuto girare il mondo, conoscere culture diverse, pure viverci bene... era un’epoca di passaggio, l’ho capito dopo anni

Da undici anni vivo a Verona: città stupenda. E poi la tavola, che per uno come me conta... Pastissada de caval, i bolliti e la Valpolicel­la

e il lavoro di archivio che hanno fatto è stato qualcosa di incredibil­e. Ci hanno riportati a quegli anni, ho rivisto immagini che non ricordavo o mai avevo visto, come ad esempio una vecchia finale tra Panatta e Vilas a Buenos Aires nel 1975. La gente mi scrive, mi ferma per strada e persino al supermerca­to... Domenico Procacci ha fatto un capolavoro».

Si considera veronese a tutti gli effetti, ormai?

«Sono undici anni che vivo a Verona. Città stupenda, a misura d’uomo, una città viva con una sua umanità. Qui ci si chiama al telefono e in 10 minuti ci si vede per un caffè. Infatti Panatta che mi segue sempre è venuto pure lui in Veneto, a Treviso...».

E poi si mangia bene...

Il docufilm su Sky «Mi fermano anche per strada, un successo incredibil­e: capolavoro autentico di Procacci»

«In un posto così uno come me si sente a casa (altra risata, ndr). C’è il gusto dell’enogastron­omia, a Verona ho scoperto la pastissada de caval,e poi i bolliti. Quanto ai vini, beh, oltre alla Valpolicel­la c’è ampia scelta».

Ci ha lasciati «lo scriba», Gianni Clerici. Con voi non fu mai tenero, giusto?

«Un intellettu­ale e un grande scrittore. Diciamo che non ci siamo mai amati, ma sempre rispettati».

Con voi il tennis ebbe un risvolto sociale: segnaste il passaggio dal «tennis bianco» in circoli esclusivi a un tennis quasi per tutti.

«Vero, l’abbiamo capito dopo. Allora non ce ne rendevamo conto, eravamo sempre all’estero con in valigia quattro libri e l’immancabil­e Settimana Enigmistic­a. Con Bartezzagh­i era dura... Mai conosciuto ma mi sarebbe piaciuto incontrarl­o».

La si ricorda come doppista, ma Paolo Bertolucci è stato un signor singolaris­ta, numero 12 al mondo…

«In Davis giocavo solo il doppio, in una squadra che aveva due tennisti nei primi dieci al mondo. Il mio timbro era quello: ma in carriera ho vinto un torneo come Amburgo che, allora, valeva come Roma o Montecarlo».

Veniamo ad oggi: Nadal è l’highlander?

«A Roma l’avevo visto piegato in due dal dolore. E non pensavo riuscisse a fare quello che ha fatto. È un fenomeno assoluto».

E Djokovic?

«Lui può ancora far bene. Lo vedevo come strafavori­to nella corsa agli Slam, ma ora qualche dubbio ce l’ho. Bisognerà anche capire se potrà giocare gli Us Open. Al momento, senza vaccino sarebbe escluso, vedremo che cosa succederà».

Federer saluterà tutti a casa sua, al torneo di Basilea?

«È fermo da due anni. Se deve rientrare per arrivare almeno ai quarti, mi può anche star bene; a un Federer fuori ai primi turni non voglio nemmeno pensare».

I nostri come li vede?

«Berrettini è rientrato adesso, speriamo riesca a ritrovare la miglior condizione per Wimbledon, perché sull’erba è tra i primi tre al mondo. Sinner è alle prese con una miriade di problemi fisici. Pensavo saltasse i tornei sull’erba per sistemarsi fisicament­e e preparare la trasferta americana sul cemento, invece lo vedremo a Wimbledon, sebbene non dia punti».

Bertolucci, conferma che a tennis non gioca più?

«Ma certo, fa malissimo...».

 ?? ?? Leggenda Bertolucci, a sinistra con la polo blu, e la squadra con la Davis vinta nel 1976 a Santiago del Cile
Leggenda Bertolucci, a sinistra con la polo blu, e la squadra con la Davis vinta nel 1976 a Santiago del Cile

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