Stefanini, la percezione della luce dentro il paesaggio
Tecniche
Un breve capitolo nella mostra veneziana è dedicata ai pastelli, nei quali Stefanini è maestro
Alla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia è aperta da ieri la mostra di Francesco Stefanini «Nel tempo. Opere 1972-2022». L’antologica del pittore tosco-veneto, che ha studio ai piedi del Montello, racchiude il lungo percorso del pittore nato in Versilia nel 1948. L’esposizione, curata da Stefano Cecchetto, parte dal nucleo di esordio con un largo trittico Il giardino dell’Eden in acrilico su legno e da una piccola significativa rappresentanza del periodo geometrico di Stefanini, nel quale operava con lavori di intaglio su legno e stesura di colore. Nei decenni successivi il rigore geometrico lascia spazio a un approccio alla forma più morbido, pur tenendo il registro della rappresentazione sempre legato al rigore delle linee; qui l’artista comincia a interrogarsi sulla luce e sulla sua indomabilità: la pittura coniuga suggestioni di ombre, proiettate su superfici nude, fortemente materiche a minimi dettagli che richiamano la memoria di luoghi del passato, fondamentali per la maturazione della estetica dell’artista.
Lentamente arriva alla superficie pittorica una nuova percezione della luce che si concentra in piccoli nuclei pulsanti – come cellule vitalisu larghe stesure di colore stratificato con inserti di sabbie. Suggestioni ectoplasmatiche che piano piano si dissolvono nell’apparire di paesaggi soffusi – certamente la selva sotto l’atelier di Stefanini è la musa ispiratrice- dove il reale, l’immagine di un paesaggio, resta riconoscibile pur se portato all’estremo punto di fusione nel colore, steso con gesti pazienti, meditati mai sazi.
Entrano a fasi alterne nei due decenni Duemila margini non dipinti, a mo’ di ingannevole cornice, colature che nella imprevedibilità assumono ruoli anche figurali. Un breve capitolo nella mostra dedicata ai pastelli, nei quali Stefanini è maestro, su preziosa carta a mano o su carta lucida lavorata a grattages dimostrano la levità del tocco del pittore toscano, la sua indiscussa abilità, nell’alludere a forme che emergono dal supporto, senza – parrebbe- obbedire a alcuna legge fisica. La selezione, necessaria per un’antologica di dimensioni conciliabili con gli spazi della Fondazione, offre una cinquantina di opere, della lunga attività pittorica di Stefanini, ma evidenzia l’attenzione quasi ossessiva a un rigore formale che non fa concessioni, dagli intagli dell’incipit alle vaporose intuizioni di selve e chiome d’albero dei primi anni 2020. La mostra resterà aperta fino al 10 luglio, ingresso gratuito, bel catalogo di Antiga edizioni.