Femminicidi, al via l’ispezione: 4 dossier sul tavolo del ministro
Citterio: «Errore associare il procedimento al delitto»
VICENZA Quattro relazioni, su ciascuno dei procedimenti penali e civili (pendenti e definiti) a carico di Zlatan Vasiljevic, il bosniaco che mercoledì scorso ha ucciso l’ex moglie Lidija Miljkovic e la compagna Gabriela Serrano. È quanto solleciteranno nelle prossime ore agli uffici giudiziari di Vicenza e di Venezia gli ispettori del ministero di Giustizia che ieri hanno ricevuto l’input del guardasigilli Marta Cartabia. La quale aveva già annunciato l’ispezione.
Le relazioni verteranno sul procedimento di separazione coniugale (addebitata al killer) che si è chiuso nelle ultime settimane, sul processo per maltrattamenti (tra 2012 e 2018) all’allora moglie Lidija che si sta ancora celebrando davanti al tribunale collegiale berico. Infine sul fascicolo per maltrattamenti e violenza sessuale (accusa quest’ultima venuta meno) la cui condanna (a 18 mesi) è diventata definitiva. Su questo, in particolare, sarà chiamata a relazionare anche la Corte d’Appello di Venezia che nel febbraio 2021 concesse a Vasiljevic la sospensione condizionale della pena sostenendo che i referenti di «Ares», il Centro di Bassano specializzato nel trattamento dei maschi maltrattanti - oltre a quelli del Serd (dove l’uomo era stato in cura per disintossicarsi dall’alcol) - avevano riferito «l’esito positivo del percorso psicologico rieducativo». Una «prognosi favorevole» per i giudici lagunari - «circa la futura astensione dalla commissione di altri reati». Eppure Ares ha fatto sapere che alla fine degli incontri frequentati «con puntualità e sincero coinvolgimento» dall’omicida - «è stato prodotto un resoconto che attesta unicamente la sua presenza», non certo un «diplomino» di maschio diventato inoffensivo. Un nodo che scioglieranno gli ispettori ministeriali.
Ma Carlo Citterio, che ieri dopo un anno di facente funzioni si è insediato come presidente della Corte d’appello di Venezia, in attesa della richiesta di chiarimenti da Roma, qualche spiegazione la fornisce già. Specificando, tra l’altro, che non può essere coinvolto solo il sistema giudiziario. «Non è corretto associare quel procedimento penale a quello che è successo - spiega - andare a cercare responsabilità individuali collegabili al fatto è comprensibile sul piano psicologico da parte di chi è coinvolto, ma non porta da nessuna parte». Citterio ricorda infatti che se la sentenza (che era stata «limata» di quattro mesi rispetto al primo grado) fosse diventata definitiva, la misura sarebbe stata comunque revocata. E anche se Vasiljevic non avesse finito di scontarla tutta, la procura generale avrebbe fatto un ordine di esecuzione sospeso, perché si sarebbe comunque trattato di una pena che consente misure alternative. E questo vale già come risposta ai familiari di Lidija che si sono chiesti come Vasiljevic potesse essere libero e intendono andare fino in fondo, pronti anche a presentare un’istanza. «Lidija non torna indietro ma visto che tutti quanti hanno fatto il possibile ed evidentemente non è bastato, sarebbe il caso si sedessero attorno ad un tavolo» fa sapere il compagno della donna, Daniele Mondello, che si aspettava che del doppio delitto ne parlasse anche il governatore Luca Zaia.
Le indagini della polizia intanto proseguono. Sull’esito delle autopsie non emergono indiscrezioni ma presto potrebbe arrivare il nullaosta per i funerali. Quelli di Lidija dovrebbero tenersi giovedì.