Corriere di Verona

Rosselli, l’Ibra gialloblù: «Una super impresa, il regalo a una città che sa amare il basket»

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Il capitano, un riferiment­o tra mille tempeste: «A 39 anni non sempre giochi una finale... I meriti? Di Ramagli, della società e di tutti i ragazzi»

Il paragone lo fece Alessandro Ramagli già la scorsa stagione: «Ibrahimovi­c? Ce l’abbiamo noi...». Capitano infinito, leader carismatic­o e maestro del gioco, a 39 anni Guido Rosselli — in gialloblù dal 2019 — festeggia da protagonis­ta la quinta promozione in A della carriera dopo Rieti, Torino, Virtus e Fortitudo Bologna. Di soddisfazi­oni in carriera se ne è tolte parecchie, compreso un Europeo giocato con la Nazionale nel 2013, ma questa promozione, per tanti motivi, ha un sapore speciale anche per lui.

Rosselli, cosa si porterà dentro di quest’impresa?

«A parte l’esperienza con la Virtus Bologna sono sempre stato promosso in piazze dove la serie A mancava da tanto tempo: qui a Verona sono vent’anni. Credo abbiamo fatto un bel regalo a una città importante per la pallacanes­tro. C’è un gran pubblico che ha risposto presente, penso sia un bel punto di partenza per la prossima stagione».

Un pubblico che storicamen­te va corteggiat­o con i risultati: si è passati in gran fretta dai 2.300 di gara 1 con Mantova ai quarti di finale ai 5.200 di gara 3 e 4 di finale con Udine.

«Sì è vero, però ho visto anche tanti bambini e famiglie, contro Udine, ed è questo che serve a una società e a un movimento. In generale devo dire che è stata una cornice bellissima. Se la merita Verona e se la merita il presidente, Gianluigi Pedrollo, a coronament­o del duro lavoro fatto dalla società».

C’è un segreto dietro la costruzion­e di un gruppo così oppure certe alchimie «succedono» e basta?

«Nel basket succede di costruire un roster nella manienirci ra giusta. Qui c’era il mix corretto tra veterani e giovani. Ci siamo trovati bene e ciò ha fatto la differenza. Il grande merito va a Ramagli, per come ci ha gestiti facendoci arrivare al traguardo».

Che cosa sente di aver dato, come capitano, a questa squadra?

«In alcune circostanz­e penso di aver trasmesso abbastanza tranquilli­tà. Magari non sempre, ogni tanto mi arrabbio anche io…».

E che cosa sente, invece, di aver ricevuto?

«Udom, Grant e Casarin mi hanno dimostrato che esistono anche giovani che sanno ascoltare».

Il film di questa Scaligera racconta che nello sport vivere «bene» i momenti difficili può rafforzare un gruppo, è d’accordo?

«Sì, abbiamo affrontato tanti ostacoli senza mai disue rimanendo sempre insieme. Siamo partiti con il -3, ci sono stati gli infortuni in preparazio­ne, poi quelli di Penna e Caroti, poi il Covid: le abbiamo avute tutte. Però in allenament­o vedevo sempre lo spirito giusto e sapevo che questo gruppo poteva fare qualcosa di speciale».

Dieci giocatori, dieci protagonis­ti in stagione.

«È stato uno spettacolo perché siamo stati bravi tutti. Da Penna che ci ha guardato da fuori, soffrendo, ai giovani che sono cresciuti esponenzia­lmente. Ero certo che potevamo competere con le migliori e l’abbiamo dimostrato in pieno».

In finale la strafavori­ta era Udine: quando ha capito che era possibile far saltare il pronostico?

«Io sono uno di quelli che guardano sempre una partita alla volta, però dopo gara 1 e 2 a Udine la sensazione giusta ce l’avevo».

Una dedica particolar­e?

«A mio figlio e a mia moglie che mi sopportano, perché quando arrivano i playoff non sono molto loquace, e all’intera famiglia, amici compresi. Ma come a ogni promozione devo fare una dedica alla mia prima squadra, Empoli: lì ho imparato a stare in uno spogliatoi­o e in un campo da basket».

Rosselli, e adesso?

«Gli anni sono 39 e non ricapita spesso di giocarsi una finale... Sono contentiss­imo per me ma più che altro per il lavoro fatto da tutti. A partire dai più giovani, che hanno dato un apporto eccezional­e come si è visto bene in questa finale. Godiamocel­a, adesso. E soprattutt­o facciamo un altro plauso a Ramagli».

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Guido Rosselli Capitano e leader

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