Corriere di Verona

«Grande orgoglio Oltre il ciclismo? Pecore e cavalli»

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Tricolore. A 23 anni. Il terzo campione d’Italia più giovane dopo Moreno Argentin (1983) ed Enrico Gasparotto (2005). Eccolo spuntare fra i trulli, Filippo Zana, vicentino partito dalla Piovene Rocchette e passato da Verona con la Contri e la Cage. Era lui, due giorni fa, in maglia Bardiani, a prendersi lo sprint per il titolo italiano sul traguardo di Alberobell­o. Settima vittoria in carriera, felice seguito del primo posto nella generale alla recente Adriatica Ionica e di un più che discreto Giro d’Italia.

Zana, buongiorno: ci racconta di Alberobell­o?

«Ho sempre sofferto il caldo, lì eravamo sopra i 40 gradi, i primi km sono stati durissimi. Ma nel finale stavo bene e l’ho detto ai ragazzi, la squadra ha lavorato al meglio. Ho vinto con il tipo di azione che non mi è riuscita al Giro, dove non avevo la condizione di adesso e non trovavo la gamba».

Il ct Daniele Bennati dice: «Zana ha tanti margini di migliorame­nto». Quali sono?

«Se voglio fare bene qualche corsa a tappe e arrivare a giocarmela con i big devo migliorare a cronometro e sempre di più in salita. Ho 23 anni, continuerò a lavorare sodo».

Dove si allena di solito?

«Vicino a Piovene Rocchette, dove abito. Le strade sono quelle dell’Alto Vicentino, Bassano, Asiago…».

Lei è passato «pro» nel 2020 con l’emiliana Bardiani: da lì in poi una continua crescita.

«Ero partito da Piovene, poi le strade veronesi. La Bardiani è lo snodo che forse ha fatto la differenza. C’è stata una crescita più graduale, credo di essere migliorato molto».

Aver fatto anche tanto ciclocross cosa le ha insegnato?

«A guidare la bici tecnica. È un’ora di fuori soglia, cosa che in allenament­o non fai mai, andando a tutta e con rilanci fuori dalle curve: 60 minuti che sembrano sei ore. Il ciclocross ti dà una marcia in più e penso che aiuti anche sugli scatti. Vorrei tornare a farlo, spero di trovarne il tempo, è una buona preparazio­ne».

È vero che da giovanissi­mo l’accompagna­va agli allenament­i lo zio, grande

appassiona­to di ciclismo?

«Sì. In famiglia tutti stavano dietro al calcio: papà, mamma, i nonni... La grande passione per il ciclismo me l’ha trasmessa lui».

Filippo Zana è cresciuto a pane e filmati su Marco Pantani, giusto?

«Confermo. Non ho vissuto di persona le sue più grandi imprese, ma conosco tutta la storia di Pantani e ho letto tutti i libri che parlano di lui. Penso che quanto ha fatto resterà nella storia del ciclismo per sempre».

Da «grande», oltre al ciclista, che cosa voleva fare?

«Amo gli animali. Ho un cavallo, alcune pecore, galline e conigli. Alle superiori ho studiato apposta agraria. Il secondo sogno, oltre il ciclismo, è entrare nel mondo dell’agricoltur­a e avere un allenament­o mio».

Ci sono dediche particolar­i per il titolo italiano?

«È una vittoria che ripaga sacrifici e sofferenze. Va alla squadra, alla mia ragazza, alla famiglia, al mio preparator­e, al manager. Nella prima parte dell’annata, quando non andavo come volevo, mi sono stati vicini».

Adesso si riposa, ma poi?

«Poi ci concentria­mo sul correre una buona seconda parte di stagione, questa maglia va onorata. Ci sono un sacco di gare anche qui in Italia e penso alle classiche, dal Giro dell’Emilia al Trofeo Beghelli. Si vedrà».

Matteo Sorio

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Titolo italiano Filippo Zana, festa sul podio

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