Corriere di Verona

«Che vita intensa, impagabile. E ora farò la poliziotta»

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L’ultimo ballo di Chiara Rosa porta con sé un carico da novanta di emozioni e di sensazioni fortissime. Perché l’addio alle gare della pesista padovana è uno di quelli che non può passare sotto silenzio. Sempliceme­nte perché Rosa, a quasi 40 anni (è nata a Camposampi­ero il 28 gennaio 1983), ha scelto il modo e il momento migliore per dire stop. Il trentesimo titolo italiano, vinto domenica agli Assoluti di Rieti è lì, nella bacheca di famiglia. Ricca, ricchissim­a, emozionant­e per i ricordi che porta con sé.

Chiara, che cosa prova in questo momento?

«Non mi sono mai mancate le parole in 27 anni ma adesso sono un po’ in difficoltà... Nelle ultime ore non c’è stato un atleta che non mi abbia salutato e ringraziat­o: sono contenta di aver lasciato tanto soprattutt­o a livello umano e di essere la capitana che ha tenuto a battesimo il 90% degli atleti che oggi gareggiano in Nazionale. E faremo una videochiam­ata collettiva su Zoom, se avranno bisogno di ricevere il mio incoraggia­mento».

Per qualunque atleta è sempre difficile trovare il momento per dire «basta». Farlo dopo una vittoria è il massimo, non crede?

«C’è sempre il pericolo di trascinars­i, di non rendersi conto quando è il momento di farsi da parte. Dico solo che domenica agli Assoluti la terza classifica­ta era un’atleta del 2004, che è l’ultimo anno in cui non ho portato a casa il titolo italiano. Ci sono miei colleghi che effettivam­ente non hanno scelto il momento migliore per chiudere, io avevo programmat­o questo bivio e penso di aver detto stop nel momento giusto. Mi ritengo fortunata, non è facile per nessuno».

Se guarda indietro, cosa vede?

«Le Olimpiadi di Pechino nel 2008, penso siano state qualcosa di sensaziona­le. Ho sempre sognato un momento così, averlo raggiunto mi fa dire e pensare che la vita mi abbia donato qualcosa di impagabile. E non c’è giorno che non ci ripensi, che non vada a incastonar­e quella luce abbagliant­e nei miei pensieri».

Una delusione in carriera?

«La spina rimane Rio de Janeiro 2016. Non essere stata chiamata è stato un dolore immenso, non credo di averlo meritato. Ma alla fine mi sono detta che volevo andare avanti. E che non era il momento di mollare».

I Giochi di Pechino resteranno per sempre nella mia memoria, ci penso tutti i giorni. Cosa mi ha fatto più rabbia in questi 27 anni? Chi bara oppure ha barato

C’è qualcosa che le fa rabbia del suo passato nello sport?

«Certamente. Mi fa rabbia chi imbroglia, chi ha imbrogliat­o e chi imbroglier­à. Dai tutto, fai di tutto per rispettare le regole, ti comporti correttame­nte, sudi il doppio e poi magari vieni scavalcata da chi bara. Accadde a Goteborg 2013, mi venne restituito il bronzo all’inizio del 2018, quasi cinque anni dopo. Come si può godere di un traguardo arrivato così? È come non averla vinta, quella medaglia, anche se è tua, tutta tua e stramerita­ta».

C’è qualcuno che vorrebbe ringraziar­e

in questo momento?

«Ho una lista ben precisa, che voglio stilare. Silvia Salis, Silvia Carli, Federico Apollloni, Roberto Bertolini, Laura Bordignon, Simona la La Mantia. Tutti egualmente importanti per me. Simona, in particolar­e: d’altra parte sono la sua comare di nozze».

Che cosa farà adesso?

«Lavorerò per la polizia penitenzia­ria nella casa circondari­ale. Sono profondame­nte grata per quello che mi hanno dato e mi daranno. Sarà una vita tutta nuova, ma la prospettiv­a mi piace. E, dopo il lavoro, allenerò i bambini della Libertas Sanp».

Dimitri Canello

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Record di titoli Chiara Rosa, trenta tricolori

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