Stato di emergenza arriva la firma del governo Ma per il Veneto ci sono solo 4,8 milioni
Caner: «Per i micro invasi snellire l’iter burocratico»
VENEZIA È stato un «Cdm lampo» quello che ha decretato lo stato d’emergenza per la siccità in cinque regioni del Nord: Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Veneto. Il consiglio dei ministri è slittato di circa un’ora, ieri sera, ma il risultato, ampiamente annunciato, è stato confermato.
Il Veneto, a dirla tutta, lo stato d’emergenza l’aveva chiesto con fin troppo anticipo a fine aprile quando, ancora, non erano stati raggiunti i parametri di criticità richiesti ma le settimane e il meteo impietoso hanno portato allo stesso risultato: la siccità che sta assetando i campi e, in Polesine, anche la popolazione è ormai un’emergenza. Certificata da Palazzo Chigi. La settimana scorsa Trento e Bolzano avevano acconsentito ad aprire gli invasi, forse presagendo l’inevitabile dichiarazione dello stato d’emergenza che li avrebbe comunque obbligati a farlo.
A questo punto, venendo meno le penali per il mancato apporto per la produzione di energia idroelettrica, è facile che gli invasi dei cugini d’oltre confine si aprano ancora un po’ di più ridando ossigeno all’anemica rete fluviale veneta. Ma, a parte questo, cosa comporta concretamente lo stato di emergenza? Per avere una risposta precisa toccherà attendere il preannunciato decreto ad hoc con la nomina di un commissario straordinario e l’avvio delle prime procedure per contrastare la siccità in Italia.
Intanto è stata decisa anche la ripartizione delle risorse, per un totale di 36,5. Al Veneto arriveranno 4,8 milioni. 10,9 milioni per l’Emilia Romagna, 4,2 al Friuli Venezia Giulia, 9 alla Lombardia, 7,6 al Piemonte e, appunto, 4,8 milioni Veneto. Che, però, fa presente con l’assessore regionale all’Agricoltura, Federico Caner, d’aver bisogno di 450 milioni per realizzare l’ormai indispensabile rete di microinvasi nelle cave dismesse.
«Una dimostrazione di attenzione al territorio e della capacità del governo Draghi di prendere decisioni rapide ed efficaci» commenta la deputata di Italia Viva Sara Moretto che continua: «Come ho avuto modo di dire solo pochi giorni fa in Aula, serve ora una visione a lungo termine, una programmazione. Se non si vuole rimettere in piedi una struttura di missione come Italia Sicura, che per la prima volta aveva destinato consistenti fondi pubblici contro il dissesto idrogeologico, si investano più fondi del Pnrr oggi si parla dell’1 o 2 per cento del totale -, per contrastare meglio il fenomeno della siccità». E i fondi per la rete di invasi che sancirebbero un’autonomia idrica da Trento possono arrivare solo da lì, dal Pnrr. Eppure, chiosa Caner, non basta: «perché la rete di invasi si realizzi è necessaria una sburocratizzazione radicale. Prendiamo le cave, alcune saranno oggetto di esproprio, altre di impermeabilizzazione e poi, ancora, serviranno permessi per la posa delle derivazioni. Senza un iter semplificato non si andrà avanti». Quindi, per Caner, «Bene la dichiarazione dello stato di emergenza, da non confondersi con lo stato di calamità, ma attendiamo di leggere i contenuti del decreto. Nel frattempo stiamo quantificando i danni subiti dai nostri agricoltori e che le associazioni di categoria stanno raccogliendo».
La regia che ha portato alla dichiarazione dello Stato di emergenza è stata del ministro agli Affari regionali, Maria Stella Gelmini che commenta: «Abbiamo il dovere di affrontare la mancanza di acqua con grande realismo, evitando di alimentare nuove divisioni tra territori o tra interessi diversi (e il riferimento alla guerra dell’acqua fra Veneto e Trentino affiora in filigrana ndr). Da decenni non vengono realizzati nuovi invasi e dighe, facciamo i conti con infrastrutture obsolete o acquedotti colabrodo. Cogliamo l’opportunità del Pnrr che prevede 2 miliardi e 800 milioni di euro per interventi al sistema di distribuzione delle acque, per la riparazione e l’ammodernamento delle reti idriche».