Settore medicale «Settemila posti ostaggio dell’Ue»
Aziende contro la direttiva europea
VENEZIA Nel solo Veneto si potrebbero perdere ben 7 mila posti di lavoro (50 mila in tutta Italia) nel vivace settore delle aziende che producono dispositivi medici, dagli elettromedicali diagnostici a quelli riabilitativi, ma anche bisturi, garze, filo per sutura.
A tutela del settore e per scongiurare questa ipotesi, che porterebbe a gravi ripercussioni, scende in campo Massimo Marcon, membro della giunta di Confimi Sanità (l’associazione delle imprese del settore) e titolare di Iacer, azienda di Martellago (Venezia) leader nel campo dei dispositivi elettromedicali. «Il comparto del medicale occupa in Italia quasi 110 mila persone - spiega Marcon - e produce ricavi per 16 miliardi di euro».
Qual è il problema che rischia di sconvolgere questa importante nicchia dell’industria nazionale? «Fino all’anno scorso - riepiloga Marcon era in vigore una direttiva europea che, per quasi trent’anni, ha stabilito le linee guida per fabbricanti e organismi notificati. Ora, il nuovo regolamento voluto dall’Europa, approvato nel 2017 ma in vigore dal 2021, prevede un periodo di “convivenza” tra vecchie e nuove regole, che terminerà a maggio 2024. Da quella data in avanti, non potranno più essere fabbricati dispositivi secondo la vecchia direttiva. La transizione sta avvenendo anche per i dispositivi diagnostici in vitro (Ivd), il cui regolamento entrerà a regime l’anno successivo, quindi nel maggio 2025».
Cosa cambia, nella sostanza, per le aziende produttrici?
«Questo nuovo regolamento aggiunge Marcon - prevede un lungo percorso di accreditamento degli organismi notificati, che poi, una volta completato il loro iter, possono procedere con la valutazione di conformità dei dispositivi e dei fabbricanti: si tratta quindi di ripetere ex novo il processo di valutazione per organismi, fabbricanti e dispositivi, che è avvenuto dal 1993 a oggi secondo la vecchia direttiva. In Europa ci sono circa 33mila imprese attive nel settore, con quasi 30 mila certificati emessi da 60 organismi notificati diversi. Con il nuovo regolamento, inoltre, si aggiungono anche una quantità non ancora definita di dispositivi che “salgono” di classe (e necessitano perciò di verifica), alcuni dispositivi a uso estetico, moltissimi software medicali. Questo ci porterà verosimilmente a un numero totale dei certificati da emettere superiore ai 50 mila. Quindi serviranno il doppio dei certificati rispetto a oggi, con un numero di organismi notificati che, invece, è fermo a 30. Aggiungiamo che prima ci volevano dai 6 agli 8 mesi per la marcatura di un dispositivo, oggi ne servono quasi 18 e ci rendiamo conto di come il punto di non ritorno sia già stato oltrepassato».
Il nuovo regolamento rischia seriamente di portare al caos, perché le aziende produttrici incontreranno molti ostacoli per certificare i propri dispositivi entro la data fissata. «Le conseguenze conclude Marcon - sono evidenti: potrebbero venir meno dal 30 al 40% dei dispositivi che oggi troviamo dal medico di base, in ospedale o sullo scaffale delle farmacie. Il 4050% delle Pmi medicali saranno a forte rischio di sopravvivenza e con esse almeno 50 mila lavoratori del comparto, 7 mila nel solo Veneto».