«Lividi, urla, pizzicotti all’anziana»: rischiava 4 anni, badante assolta
«Pizzicotti a gambe e braccia, urla, offese». Per queste sua (presunte) «indelicatezze», era stata ribattezzata «la cattiva badante»: stando ai sospetti iniziali, l’assistente di una pensionata veronese (classe ’29) sarebbe stata talmente «manesca» da rischiare la condanna a 4 anni di reclusione per maltrattamenti.
Tanto infatti aveva chiesto l’accusa per l’imputata, che invece è stata ora assolta dalla giudice Francesca Cavazza del Tribunale di Verona. Un verdetto appena pronunciato e le cui motivazioni, dunque, non sono ancora state depositate: a prevalere sono state le tesi difensive della legale Giuliasofia Aldegheri, che nell’arringa aveva posto in luce come dei presunti «pizzicotti e lividi», oltre al figlio dell’anziana, nessun altro avesse mai dato l’allarme. Secondo la badante, inoltre, la denuncia per maltrattamenti sarebbe stata una sorta di «ritorsione» contro di lei, che si era lamentata per essere stata fatta lavorare inizialmente «in nero» e per aver chiesto un letto ortopedico avendo problemi di salute.
Tutt’altra invece la ricostruzione accusatoria, secondo cui la badante avrebbe lasciato la pensionata «tutta sporca», inveendo pesantemente contro di lei con frasi del tipo «Sei una rompic.!». A far scattare l’allarme sarebbero stati i familiari, colpiti nel vedere le braccia della novantenne «cosparse di evidenti ematomi». In quel periodo imperversava il covid, per cui spostamenti e visite erano resi problematici dal lockdown: ma quando i parenti andavano a far visita all’anziana sarebbero rimasti «preoccupati dalle sue condizioni». Sotto accusa per maltrattamenti finì quindi la collaboratrice moldava: in aula le venivano contestati presunti soprusi commessi «in qualità di badante, assunta in data primo luglio 2019», in particolare «a partire dal gennaio 2020 fino al luglio 2020 — stando alle accuse — in più occasioni offendeva ed insultava la persona offesa, lasciandola tutta sporca e dicendole “Sei una rompic...!”».
Sarebbe stata la stessa novantenne, nel momento in cui i parenti si accorsero di quei lividi sulle braccia chiedendole se «in casa andava tutto bene», a riferire loro quanto sarebbe stata costretta a subire tra le mura domestiche. A mancare prima del process, purtroppo, è stata proprio la presunta vittima, la novantenne che secondo l’accusa sarebbe stata costretta a vivere «un lockdown da incubo» tra le mura di casa propria: la badante sarebbe perfino arrivata a minacciare il figlio dicendogli di stare «attento a dove vai in macchina, magari fai un incidente». Ma anche quest’accusa all’imputata non ha trovato conferme in aula, cadendo come tutti gli altri sospetti.