Inceneritore: frenata su Ca’ del Bue servono dati sull’inquinamento
Stop anche a Marghera. Dai contrari allarme per i danni ambientali
VERONA Roma «frena» il nuovo inceneritore per Marghera, e le motivazioni sembrano toccare da vicino anche la vicenda del nuovo inceneritore di Ca’ del Bue. A Venezia, la società Eni Rewind aveva proposto di creare, a Porto Marghera, un inceneritore in grado di bruciare 190mila tonnellate di fanghi creati dalla depurazione civile.A Verona Agsm-Aim, come è noto, ha proposto di creare, a Ca’ del Bue, un inceneritore in grado di bruciare 100mila tonnellate l’anno di fanghi, essiccandoli e bruciandoli per creare energia.
Sia a Venezia che a Verona sono nati gruppi di oppositori ai due progetti. Secondo i critici, gli impianti potrebbero produrre danni ambientali ai territori circostanti, in particolare con inquinamento da Pfas, le sostanze tristemente note in diverse zone del Veneto,
dalla provincia di Venezia a quella di Verona. Il progetto per l’inceneritore veneziano è in fase più avanzata, rispetto a quello veronese, ma adesso ha visto arrivare appunto un brusco stop da parte dell’Istituto Superiore di Sanità.
Da Roma, infatti, si è fatto sapere ufficialmente che non sarebbe stata fatta una valutazione sufficiente sull’impatto sanitario dell’impianto. Più in dettaglio, l’Istituto afferma che «visti gli episodi di contaminazione documentata delle acque della Regione Veneto da Pfas, è possibile che i fanghi (da incenerire nel nuovo impianto) risultino contaminati dai Pfas». Alla luce di queste e altre considerazioni, l’Iss conclude il proprio parere suggerendo alla Regione Veneto di chiedere a Eni altri approfondimenti.
Riecco dunque il tema dei famigerati Pfas. E riecco aprirsi la stessa questione per Ca’ del Bue. A Venezia, Eni Rewind si prepara a fornire informazioni integrative. E intanto, a Verona, il presidente di Agsm-Aim, Federico Testa, ribadisce la sua linea su questa vicenda. «Qui — spiega il presidente — stiamo aspettando la risposta da parte della Regione Veneto, ma riteniamo che, quando arriverà, chiederà una integrazione d’informazioni. E a quel punto noi potremo avere un periodo di tempo (minimo 30 giorni, massimo 6 mesi) proprio per fornire nuove valutazioni e per offrire tutte le garanzie necessarie sul versante, assolutamente prioritario, della tutela della salute pubblica». Ancor più in dettaglio, Testa conclude ribadendo che «in ogni caso, come ho già più volte affermato, nulla sarà fatto senza prima interloquire con le comunità locali interessate». Nella vicenda del nuovo impianto, com’è noto, sono coinvolti il Comune di Verona (l’impianto dovrebbe sorgere nelle basse di San Michele Extra) ma anche quelli di San Giovanni Lupatoto, San Martino Buon Albergo e Zevio.