Zeng Fanzhi, una conversazione tra Oriente e Occidente
Un’immediatezza emotiva, un senso psicologico intuitivo e una tecnica espressionistica attentamente calibrata, strati di pennellate che compongono figurazioni facilmente riconoscibili da lontano, ma che si dissolvono nella materialità del dipinto se osservati da vicino. Al piano terra della Scuola Grande della Misericordia, ecco le proporzioni classiche dell’edificio del XVI secolo racchiuse tra due enormi dipinti a olio a più pannelli: uno allude all’iconografia buddista, l’altro a quella cristiana. Se l’allestimento firmato Tadao Ando sottolinea da subito una conversazione tra luce e buio, tra antico e contemporaneo, al piano superiore, riccamente decorato da affreschi, la straordinaria messa in scena dell’archistar è una successione di quinte con una serie di aperture sempre più grandi, creando un cono prospettico che esalta appieno la ricerca di Zeng Fanzhi. Il Los Angeles County Museum of Art presenta nell’edificio storico veneziano la mostra «Near and Far/Now and Then», a cura di Michael Govan e Stephen Little, che propone due cicli di opere recenti dell’artista, tra i nomi più importanti dell’arte contemporanea cinese.
Fino al 30 settembre, i nuovi dipinti a olio di Zeng Fanzhi - classe 1964, noto per lo stile che fonde magistralmente influenze occidentali e orientali - sono il risultato di decenni di studio sulla teoria del colore, che attinge, sfidandole, alle pratiche impressionista e puntinista, dove le immagini si materializzano solo attraverso l’attenta collocazione di singoli segni di colore. Lo vediamo nelle due opere al pianterreno, che introducono una mostra attraversata dalla spiritualità e da una natura liquida. Le finestre, una dentro l’altra, inventate da Ando al primo piano collegano la vista dei due grandi dipinti all’estremità dello spazio. Sono astrazioni di acqua e luce: i riflessi dell’acqua in Water III (2019–23) e i raggi del sole di Nirvana (2019-2023), l’approdo. In mezzo una carrellata di visioni, tra paesaggi acquorei, teschi e Arhat, ridefinendo l’astratto attraverso esercizi di rappresentazione figurativa, e viceversa. E quando la mostra sembra finita, aprendo una tenda appare un altro Zeng Fanzhi, quello dei bianchi, grigi e neri delle opere su carta fatta a mano e trattata con inchiostro, grafite, gesso, polvere d’oro e pigmenti minerali, dove con raffinato tratto calligrafico combina le iconografie cristiana, buddhista e della pittura dei letterati. Il soggetto si muove dal crocefisso alla rappresentazione di rocce e vecchi alberi, simboli, nella cultura tradizionale cinese, di forza, resilienza e longevità.
Dialogo I lavori più recenti di uno dei nomi più importanti della scena contemporanea cinese